Seconda tappa di Cafè Finanziario, rubrica economica curata da Nicola Cascella con lo scopo di analizzare le complesse dinamiche del mondo dell’economia e della finanza in modo oggettivo accessibile ai non addetti ai lavori. Mercati finanziari, dinamiche economiche, iniziative politiche. Che impatto hanno sulla vita di tutti i giorni? Il mondo finanziario visto con gli occhi dell’esperto, raccontato con la voce del cittadino.

Recependo la direttiva europea BRRD ( Bank Recovery and Resolution Directive), dal 1° Gennaio 2016 l’Italia ha introdotto il bail-in come strumento di risoluzione degli istututi bancari in crisi.

Cos’è il Bail-in
«In inglese bail-in significa salvataggio interno.  In sostanza si tratta di un meccanismo di salvataggio bancario per cui, a partire dall’1 gennaio 2016 nel caso di dissesto finanziario di un istituto di credito, a ripianarne le perdite saranno gli investitori ed i risparmiatori della banca stessa. Come tristemente visto negli ultimi mesi, parliamo di eventi con serie ripercussioni sociali prima ancora che economiche».
Cosa cambia rispetto al passato
«Lo Stato non potrà più effettuare, in via esclusiva, interventi mirati ad evitare il fallimento delle banche in crisi. Saranno gli investitori ed i risparmiatori della banca in dissesto ad essere colpiti secondo una scala gerarchica predefinita».

Quale sarebbe questa scala gerarchica?
«I primi ad essere colpiti saranno gli azionisti della banca in dissesto, successivamente gli obbligazionisti della stessa, ed in ultima battuta i correntisti. Onde evitare la diffusione di panico generale è bene specificare che i conti corrente fino a 100.000 euro non saranno toccati. Solo i depositi superiori a 100.,000 euro sarebbero oggetto di bail-in, ed esclusivamente per la parte eccedente tale soglia. A titolo illustrativo, un risparmiatore con 150.000 euro depositati sul conto corrente, in caso di dissesto della propria banca, rischierebbe di perdere 50.000 euro».

Se la mia banca è in crisi ed ho investito in titoli di Stato o di altre società, sono a rischio bail-in?
«No. A rischio bail-in sono esclusivamente gli strumenti finanziari (non garantiti) emessi dalla banca in crisi».

Quali sono le sue perplessità in merito?
«La prima è di carattere tecnico.  Cercherò di spiegarla semplicemente. In finanza, il rendimento di un investimento è determinato secondo variabili ben precise. Il rischio è uno di queste. Ora, se mi si dice che la parte di risparmi eccedenti la soglia di 100,000 euro è potenzialmente a rischio bail-in, logica impone che tale rischio sia remunerato ad un tasso d’interesse positivo, che vari da banca a banca in base allo stato di salute finanziario dell’istituto di credito. Un po’ come succede per le obbligazioni. Questo meccanismo favorirebbe una maggiore trasparenza a tutela dei risparmiatori, oltre che un allineamento tra rischio e rendimento».

La seconda perplessità ha carattere più generale. Considerare benestante un risparmiatore con più di centomila euro sul proprio corrente, è un approccio euristico valido per Paesi finanziariamente sofisticati come quelli del nord Europa, dove non più del 5-10% del proprio patrimonio è lasciato in liquidità.
Il tessuto sociale del sud Europa, nonché la diffidenza verso il mondo finanziario, esacerbata dagli ultimi scadali in salsa italiana, fanno in modo che anche un piccolo risparmiatore possa detenere più di centomila euro sul conto corrente, ma che tale cifra corrisponda all’interezza del proprio patrimonio costituito in una vita intera. In questi casi, il costo sociale del bail-in sarebbe davvero ingente».
Consigli per i risparmiatori?
«La regola basilare della diversificazione è chiave in questi casi. Mai investire tutti i propri risparmi in un solo strumento finanziario e non detenere più di centomila euro (in liquidità) presso un singolo istituto di credito, sono soluzioni che aiutano a mitigare il rischio di perdite che, nel recente passato, hanno tristemente gettato sul lastrico migliaia di risparmiatori italiani».