Lo stretto legame fra economia e politica si fa vivo anche nella discussione sul referendum costituzionale, a cui i cittadini sono chiamati il prossimo 4 dicembre per esprimere il loro appoggio o disapprovazione per la riforma targata Renzi-Boschi che interviene sul testo costituzionale, modificando 47 articoli della seconda parte. Stiamo seguendo in maniera puntuale le diverse opinioni espresse durante gli incontri per la campagna referendaria. A margine dell’incontro promosso dal comitato per il SI a Barletta, abbiamo incontrato il  prof. Antonio Troisi, ordinario di Economia Politica presso Scienze delle Finanze all’Università di Foggia, che durante il suo intervento ha sostenuto i vantaggi che le finanze locali trarrebbero dai nuovi principi espressi da questa riforma. L’intervento del professore si specifica sulla creazione delle Città metropolitane, su cui ha già avuto modo di esplicitarsi in alcuni articoli sulla stampa nazionale.

Un elemento inserito nel quesito referendario è quello che prevede l’abolizione definitiva delle province, cancellandole dalla Costituzione, dopo il primo passaggio avviato già con la Riforma Del Rio. Naturalmente, questo passaggio che a questo punto apparirebbe necessario, visto il sostanziale svuotamento di senso delle attuali istituzioni provinciali, decreterebbe la nascita ufficiale e si spera funzionale delle cosiddette città metropolitane: le ha parlato di “concretezza” a proposito di questa scelta, che secondo lei dovrebbe invogliarci ulteriormente a sostenere il Sì al referendum.

«Credo nell’inserimento dell’area metropolitana, perché se spariscono quei simulacri delle province,  è imprescindibile esserci per raggiungere quegli obiettivi di virtuosismo finanziario, che solo così potremmo raggiungere. Per esempio, ora nella BAT ci sono 6 comuni che sono virtuosi compresa Barletta, gli altri non lo sono. Se Bari applicherà coraggiosamente le tipologie fiscali previste dalla legge (la 56 del 2014) la Città metropolitana, non solo valorizzerà le preziose identità dei Comuni, ma li renderà protagonisti della conciliazione tra le esigenze di sviluppo locale e i vincoli europei. Quindi in un’area più grande s’indurrebbe la Regione a creare le condizioni affinché chi non è virtuoso possa diventarlo: questo è un fatto concreto e pratico. Voglio spiegare perché le cose vanno male: abbiamo questa montagna di debito pubblico. La spesa pubblica, finora, è stata vista come produttrice di consenso; allora, nella riforma sono inserite una serie di coraggiose norme per smetterla d’intraprendere questa strada viziosa: non basta esprimere i desideri e gli schemi teorici, ci vuole una realtà giuridica, come quella prevista nella riforma; tant’è vero che ora abbiamo una norma per distinguere i Comuni virtuosi da quelli meno. Guai se ci bloccano questa riforma, torniamo indietro nel tempo, ognuno farebbe quello che vuole: in Puglia 42 Comuni vogliono 42 ospedali! I principi di trasparenza e responsabilità amministrativa introdotta nel testo della riforma, che sarebbero dunque esplicitati nella Costituzione, rappresentano la nuova direzione della finanza locale cui c’è volontà di offrire un concreto avvio».

Parlando di soldi, Renzi aveva parlato dell’eliminazione del Senato in seguito a questa riforma con un risparmio di circa 500 milioni di euro; la Corte dei Conti, invece, l’ha corretto degradando il risparmio complessivo a un totale inferiore a 50 milioni di euro.

«Magari Renzi non si è espresso bene oppure ha sbagliato. Ma il punto non è risparmiare 500 o 300 milioni di euro, ma conta che ci sia il progetto del rifiuto della spesa pubblica produttrice di consenso, questo è fondamentale; non è che risparmiando 500 milioni o altro, potremmo risolvere la questione: la finanza locale deve potersi affacciare in Europa rispettando i principi generali di trasparenza, rispettando i principi di fondo».