L’Università Milano Bicocca è ormai a tutti gli effetti l’ultimo indirizzo conosciuto di Eraclio, il Colosso di Barletta. Qui, nel laboratorio di archeometria (uno fra i più moderni ed attrezzati), l’equipe di ricercatori incaricati sta analizzando le terre di fusione prelevate dall’enorme statua di bronzo per ricostruirne la datazione.  In esclusiva Nino Vinella-fornitore degli scatti qui pubblicati-“La Gazzetta dell’archeologia on line” può mostrare le foto scattate all’interno della struttura universitaria (autentica eccellenza italiana in Europa e nel mondo), aperta al pubblico venerdi’ 2 dicembre per l’iniziativa ‘Arte e(‘) scienza‘ promossa dall’Associazione Italiana di Archeometria (AIAr). «Ci accoglie-racconta la nota inviata da Nino Vinella-la ricercatrice Emanuela Sibilia: “Impossibile risolvere questo enigma con le tradizionali tecniche di datazione come il radiocarbonio, ci dice. Non sono applicabili sui metalli, spiega, infatti l’unico modo per ricostruire l’età della statua è quella di datare l’evento di fusione che l’ha creata”».

L’indagine, promossa dal Comune di Barletta, si concluderà nei primi mesi del 2017 (a fine marzo probabilmente), e permetterà con l’aiuto degli storici dell’arte di compilare una prima “carta di identità” del gigante simbolo della città pugliese, conosciuto da secoli come Eraclio e affettuosamente chiamato da tutti Arè. «Per chi scrive-aggiunge Vinella-e che ha seguito i lavori del grande primo restauro del 1980, fa un certo effetto leggere la parola “Colosso” sulla busta nera contenente i prelievi eseguiti nel mese di ottobre direttamente sulla statua, collocata vicino alla Basilica del Santo Sepolcro. Immagine tradizionale per i barlettani ed i turisti di passaggio, con i suoi quasi 5 metri di altezza, vestito da imperatore e seguito da miti popolari (con relative suggestioni poetiche e liriche) sul suo ritrovamento in mare e successivo abbandono presso la dogana vecchia del porto, dove (come scrive il gesuita Grimaldi nel 1600) sarebbe giunto dopo aver fatto naufragio da una nave veneziana al rientro dalla IV crociata del 1204».

ESAMI DI LABORATORIO- Ma questa pur suggestiva ipotesi – via via esclusa dagli storici ma che aveva spinto l’amministrazione del sindaco Grimaldi a festeggiare i 500 della statua (1491) elevata come simbolo del territorio nel 1991 – ha lasciato campo libero ad un’altra ritenuta più attendibile: la statua sarebbe stata elevata a Ravenna in epoca tardo imperiale per poi essere trasportata in Puglia su ordine dell’imperatore Federico II di Svevia. Tesi sostenuta dal professor Gianfranco Purpura (Università di Palermo) e ribadita a Barletta nella giornata di studio “Il ritorno del gigante” promossa dall’amministrazione Maffei nel 2011. «Torniamo agli esami di laboratorio. Il prelievo dei cinque campioni è stato eseguito verso metà ottobre all’interno della statua di Eraclio: la prova per stabilire con maggiore esattezza l’età del colosso bronzeo simbolo della città. Stanno per essere completate le indagini sulle terre di fusione con analisi della “termoluminescenza dell’anima di fusione”, eseguite, come dicevamo, dal Laboratorio di Archeometria, Dipartimento di Scienza dei materiali, dell’Università di Milano Bicocca, incaricata dall’Amministrazione comunale della nuova fase dell’iter conoscitivo di uno tra i più qualificanti beni monumentali del patrimonio cittadino, già oggetto di un “check up” con attività di manutenzione (in particolare per la pulitura e protezione della superficie bronzea e delle saldature con la struttura interna) che nel 2015 avevano individuato alcune terre di fusione e verificato la possibilità di prelevare dei campioni. All’intervento hanno partecipato il consulente scientifico e l’operatore del Laboratorio di Archeometria del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, rispettivamente dott.ssa Emanuela Sibilia e Francesco Maspero, il restauratore Vito Nicola Iacobellis della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bari, Barletta Andria Trani e Foggia, il consulente scientifico dei lavori conclusi lo scorso anno prof. ing. Gianbattista De Tommasi, il direttore dei lavori ing. arch. Fabio Mastrofilippo, il supporto al R.U.P. (ex restauratore dei lavori già conclusi) geom. Cesare De Gregori, il responsabile del procedimento arch. Mario Pagniello, l’assessore alle Politiche per il Territorio arch. Azzurra Pelle. I risultati delle nuove indagini scientifiche consentiranno di incrementare le informazioni sulla storica struttura, unica nel suo genere, e proseguire le attività di tutela e di monitoraggio del “colosso”».

L’ATTESA – «La dottoressa Sibilia-aggiunge Vinella-ci mostra soddisfatta sul suo computer le foto scattate a Barletta quando i ricercatori sono entrati nella statua con l’aiuto dei restauratori e hanno prelevato le terre di fusione, ovvero i residui delle terre usate come stampo nella tecnica di fusione a cera persa.  E ci accompagna nel laboratorio dove ci fa assistere alla simulazione dei veri esami: “Grazie alle analisi basate sulla termoluminescenza sarà possibile fare una stima dell’epoca in cui venne creato il monumento. Lo abbiamo fatto, per esempio, con la Lupa capitolina di bronzo che Roma esibisce in Campidoglio, e che abbiamo testato essere di epoca medievale. Il problema della radioattività è fondamentale, perché in passato l’aver sottoposto all’esame dei raggi x ha causato diversità di valutazione causa l’alterazione dei parametri di base”».

La statua di Eraclio torna così ad essere oggetto di studi dopo i lavori di manutenzione e conservazione, terminati nel marzo 2015, effettuati sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza  per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, la Soprintendenza Belle Arti e paesaggio per le province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia, con la collaborazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma. I lavori, durati circa un anno, avevano accertato la presenza all’interno della statua di possibili terre di fusione, le cui analisi risultano fondamentali per tentare di stabilire la datazione del manufatto bronzeo. L’Amministrazione, quindi, ha affidato al Laboratorio di Archeometria, Dipartimento di Scienza dei materiali, dell’Università di Milano “Bicocca” ulteriori indagini sulle terre di fusione con il prelievo di cinque campioni che sarà eseguito dai tecnici con prove di termoluminescenza dell’anima di fusione previa misura della radioattività ambientale. «Si tratta di un ulteriore impegno volto alla valorizzazione di uno dei simboli della città dopo il recente intervento di manutenzione, verifica e controllo della statua e della sua struttura interna effettuato a distanza di oltre trent’anni dall’ultimo restauro. Tutti i rilievi, le diagnosi e le prove svolte andranno a formare un database da implementare di volta in volta per la verifica scientifica dei metodi di conservazione e manutenzione della statua bronzea».