«Buchi e solchi sui muri, soffitti che perdono acqua, aule rovinate e sporche, mattonelle sollevate o quasi inesistenti, materiale scolastico rudimentale e ormai obsoleto – la denuncia è a firma di Ruggiero Lanotte per l’associazione studentesca Collettivo Cortocircuito-Barletta, attaccando il progetto di realizzare un nuovo corso propedeutico al settore calzaturiero – Questi sono solo alcuni dei problemi presenti nell’istituto professionale “Ipsia Archimede di Barletta”. Un istituto che ormai di professionale non ha nulla. Da tempo gli alunni si lamentano della situazione di disagio presente nella loro scuola ma l’unica risposta è stata quella che ormai rimbomba nella nostra testa e che è diventata quasi un incubo: “Non ci sono fondi per sistemare la scuola”.

Ora una domanda ci sorge spontanea: non ci sono soldi per la manutenzione dell’ambiente scolastico, che a nostro avviso è una delle cose essenziali da fare, ma ci sono fondi per finanziare un nuovo settore? Infatti grazie ad un tavolo di concertazione tra imprese (in questo caso la Cofra), enti locali (Comune di Barletta e Provincia Bat) e l’Ipsia Archimede di Barletta è stato istituito il corso triennale di ”operatore della calzatura” e quello quinquennale di “tecnico delle calzature”. La scuola che dovrebbe essere il luogo dove si trasmettono i saperi e si preparano le nuove generazioni ad affrontare la complessità della società e del mondo in cui viviamo, viene invece asservita agli interessi di un’impresa come la Cofra trasformando gli studenti in lavoratori. Questa cosiddetta “offerta formativa” non è a carico di un’azienda che ha come scopo principale quello di fare profitti, ma della collettività che ancora una volta dovrà contribuire alla crescita di un’impresa privata. Forse il signor Cortellino, proprietario della Cofra, disprezza una società in cui ci sia la possibilità della mobilità sociale tra le classi ed è un nostalgico dei tempi che furono in cui il proletariato non poteva ambire ad avere un figlio dottore o avvocato, ma doveva accontentarsi di essere un operaio come i propri genitori. Questa proposta è indecente, oltre al fatto che ci sono cose più importanti su cui investire il denaro della popolazione, anche perchè contribuirà a rendere il futuro dei giovani sempre più precario.

Ormai con la solita scusa degli stage e di fare esperienza – prosegue la nota – si regala alle aziende mano d’opera gratuita; questo avviene anche perché noi giovani pur di rendere il nostro futuro più solido possibile siamo disposti a “fare esperienza” lavorando e producendo gratuitamente, facendoci sfruttare. Fortunatamente per attivare questi corsi era necessario un numero d’iscrizioni adeguato che invece non c’è stato. Ora chiediamo, anzi pretendiamo, che i soldi che avrebbero dovuto essere spesi per finanziare l’ennesimo progetto fatto di sfruttamento siano spesi per migliorare le condizioni dell’ambiente scolastico con le attrezzature adeguate. Invito tutti i miei coetanei a riflettere su tutto ciò, capendo che ci stanno solamente prendendo per i fondelli, che ci stanno formando ad una vita immersa nello sfruttamento, dovendo anche ringraziare per quel poco di lavoro precario che ci viene offerto».