In data 12 settembre scorso è stato protocollato (Pratica N. PDC-00030-2016), presso gli uffici comunali, un documento molto dettagliato recante le “Osservazioni al permesso di costruire per ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione del fabbricato in Barletta alla via Imbriani n. 20”, da parte della consigliera comunale di Sinistra Italiana, ing. Maria Campese. La nota, inviata al Sindaco, al Segretario Generale e al Dirigente all’Urbanistica, riguarda chiaramente le frettolose autorizzazioni concesse dal Comune nello scorso agosto per poter demolire Palazzo Tresca, una costruzione ottocentesca sita in pieno centro città. Anche a tali motivazioni ha fatto seguito il comunicato diffuso dal sindaco Cascella e dall’assessore Pelle ieri sera. Sono diverse le osservazioni poste, elencate nel documento. Palazzo TrescaPrima di tutto «All’Albo pretorio informatico è stato pubblicato solo l’avviso del rilascio del permesso di costruire e non già il permesso stesso ed il progetto assentito. Pertanto si eccepisce la violazione delle norme di pubblicità e trasparenza amministrativa, poiché non sono stati pubblicati gli allegati indispensabili per l’esame del provvedimento», andando contro il Regolamento comunale per la gestione dell’albo pretorio informatico. Poi: «A partire da marzo 2017 è fatto obbligo ai Comuni che non hanno ancora adeguato il proprio PRG al PPTR di applicare per l’ulteriore contesto paesaggistico dei territori costruiti della città consolidata, ai sensi dell’art. 106 comma 7 delle NTA, le disposizioni delle relative norme tecniche di attuazione: Art. 77 Indirizzi per le componenti culturali e insediative

  1. Gli interventi che interessano le componenti culturali e insediative devono tendere a:
  2. assicurarne la conservazione e valorizzazione in quanto sistemi territoriali integrati, relazionati al territorio nella sua struttura storica definita dai processi di territorializzazione di lunga durata e ai caratteri identitari delle figure territoriali che lo compongono;
  3. mantenerne leggibile nelle sue fasi eventualmente diversificate la stratificazione storica, anche attraverso la conservazione e valorizzazione delle tracce che testimoniano l’origine storica e della trama in cui quei beni hanno avuto origine e senso giungendo a noi come custodi della memoria identitaria dei luoghi e delle popolazioni che li hanno vissuti.

Pertanto l’intervento richiesto non poteva essere assentito perché le disposizioni regionali sono qualificanti di questo particolare contesto, assumendo carattere prescrittivo».

Maria Campese
Maria Campese

Non è stato rispettato anche l’art.3.29.2: “I fabbricati di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo debbono inoltre armonizzarsi nelle linee, nei materiali di rivestimento, nelle tinteggiature e nelle coperture, con gli edifici circostanti, particolarmente con quelli di notevole importanza artistica, avuto riguardo delle caratteristiche dell’abitato e dell’ambiente urbano in cui essi vengono ad inserirsi. Quando si tratti di edifici che costituiscono fondali di vie o di piazze e per i quali sorga la necessità di assicurare armoniche prospettive, l’AC ha la facoltà di prescrivere opportune linee architettoniche decorative, stabilire limitazioni di altezza e dare direttive intese ad ottenere determinati inquadramenti architettonici od effetti prospettici». Inoltre, la prevista demolizione «senza aver operato una verifica delle implicazioni statiche e sismiche che un intervento di questo tipo potrebbe avere sui fabbricati adiacenti. Si appalesa un intervento che riporta dolorosamente alla memoria il crollo di via Roma: anche in quel caso non si valutò l’assetto statico dell’isolato, con le conseguenze devastanti note alle cronache nazionali, e perdite umane che la città ancora piange. Il contesto urbano in cui ricade l’immobile oggetto di discussione, non sarebbe prevista alcuna particolare tutela, perciò il DPP dell’Amministrazione Cascella non può essere la soluzione al problema «perché questo particolare tessuto urbanistico, ricco di testimonianze tardo ottocentesche e dei primi del novecento, in cui ricade palazzo Tresca, non è stato considerato rispetto agli altri né storico né da riqualificare e/o valorizzare e/o salvaguardare». Per tutti questi motivi, sostenuta anche dalla volontà di buona parte della società civile che ha sollevato la questione, la Campese ha chiesto «l’annullamento in autotutela dell’atto concessorio». Pare che la richiesta sia stata presa in considerazione alla luce di quanto espresso nel comunicato diramato dal Sindaco.

Compito della Politica, dei media, dei cittadini attenti e rispettosi della memoria oltre che della legge, è sorvegliare affinché atti del genere non riescano a prendere il sopravvento.