La Storia sono gli uomini, nessuno si senta escluso. Neanche chi, non essendo Generale o Capo di Governo, non vedrà mai il suo nome sui libri si scuola. In fondo le battaglie sono state combattute da semplici soldati, da civili, da giovani come Emidio Mastrodomenico poliziotto di 22 anni che decise di lasciare la sua San Ferdinando di Puglia per entrare nei Gruppi di Azione Patriottica (Gap) e lottare per la libertà del suo Paese, l’Italia, con ormai una Capitale definita “Città aperta” ai Nazisti, senza più un Re e senza più un Governo. Nel 1944 fu fucilato con altri 14 uomini della resistenza e i loro corpi furono oltraggiati e lasciati per ore sotto il sole come azione dimostrativa. Il patibolo di Mastrodomenico però è ricordato per un altro motivo. Un anno dopo l’uccisione dei partigiani, in quel punto ci fu un’altra barbarie, quella che colpì Benito Mussolini, la sua amante Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti fucilati e appesi a testa in giù. Quando si cita Piazzale Loreto (Milano), viene subito in mente la foto celebre dei corpi appesi, senza ricordare che prima del 28 aprile 1945 un trattamento brutale fu riservato anche a un gruppo di uomini e ragazzi presi a caso al carcere di San Vittore per pagare le spese dell’attentato a un camion dei militari tedeschi parcheggiato in viale Abruzzi sempre a Milano, capitale amministrativa della Repubblica Sociale Italiana. Chiaramente i morti sono morti. Non esistono vittime di destra e vittime di sinistra. Ma è un po’ la logica del mondo dare maggiore risalto all’uccisione di personaggi di rilievo come l’ex Capo del Governo o magari il segretario del Partito Fascista Repubblicano, invece di un gruppo di persone che se non fosse stato per l’elenco dei nomi delle vittime compilato dal Capitano delle SS Theodor Saevecke che il 10 agosto diede l’ordine di sparare ai militi fascisti del gruppo Oberdan della legione “Ettore Muti”, neanche si sarebbe saputo chi fossero.

I ragazzi dell’istituto “Michele Dell’Aquila” di San Ferdinando di Puglia, in un concorso aperto alle scuole nell’ambito della borsa di studio “Grasso Tarantino”, hanno voluto ricordare il proprio concittadino con un cortometraggio che si è basato su un lavoro di cerca della storia personale di Mastrodomenico che si nascondeva dietro la grande storia. Il posto in cui è stato presentato il cortometraggio è la città di Barletta, simbolo della resistenza. Anzi proprio dal centro della provincia di Barletta-Andria-Trani sono nati i primi nuclei della resistenza in Italia che hanno combattuto divisi in brigate. Presente all’appuntamento era Roberto Tarantino, presidente Associazione Nazionale Partigiani d’Italiani (Anpi) e nipote del Colonnello Francesco Grasso Tarantino che l’11 e il 12 settembre del 1943 cercò coi suoi uomini di difendere Barletta dalle truppe tedesche, ormai considerate nemiche dopo l’ordine del Generale dei Carabinieri Filippo Caruso in seguito all’armistizio firmato a Cassibile (Sicilia) il 3 settembre dello stesso anno fra il Generale italiano Giuseppe Castellano e il Generale degli statunitense Walter Bedell Smith, sancendo la fine delle ostilità fra l’Italia e gli Alleati. «Il lavoro svolto da noi nelle scuole – ha affermato Tarantino – è stato sempre quello di spiegare e fare comprendere ai ragazzi che dietro la grande storia ci sono le storie delle persone che hanno fatto scelte giuste in un momento di scelte difficili. Io non so Emidio Mastrodomenico, se fosse tornato a casa, cosa avrebbe fatto. Però lui come tanti personaggi, in apparenza piccoli, hanno costruito una nuova Italia e noi dobbiamo rispettare queste persone. Dobbiamo fare capire ai ragazzi che nessuno è esentato da fare le scelte giuste e assumersi la propria responsabilità».