La storia della giovane barlettana, costretta in Egitto per sette mesi senza potersi muovere è una di quelle storie che fanno gelare il sangue, il racconto di una segregazione del genere sembra la trama di un film dell’orrore, tra finti amori e costrizioni. Ma la giovane donna è riuscita a liberarsi dalla sua gabbia, facendosi aiutare su un social network da un gruppo di egiziani. Sono stati loro a darle ascolto e ad organizzare la sua fuga dall’Egitto, pagandole il biglietto aereo per raggiungere l’Italia. È questo quanto raccontato dalla donna nella sua intervista al giornalista Luca Guerra per Repubblica Bari: «In me è scattata una scintilla: un giorno sono riuscita a collegarmi a un social network e a raccontare la mia storia su un gruppo dove altre persone egiziane mi hanno prestato ascolto. Così hanno deciso di aiutarmi, organizzando la fuga e pagandomi il biglietto aereo per l’Italia. Intanto, ho preso contatti con le autorità italiane e loro mi hanno fornito il contatto dell’avvocatessa Lacerenza. Con lei ci siamo viste direttamente al gate dell’aeroporto de Il Cairo. Mi ha sostenuto come una mamma durante il viaggio».

Racconti che non si vorrebbero mai ascoltare, la ragazza si era innamorata dell’uomo durante una vacanza con i suoi genitori cinque anni fa quando era ancora minorenne. Nel 2015 i due avevano deciso di sposarsi e dopo un anno vissuto a Barletta si erano trasferiti in Egitto e proprio lì aveva preso il via il vorticoso incubo. Costrizioni e maltrattamenti erano all’ordine del giorno, oltre al fatto che l’uomo era poi scappato via abbandonando la ragazza con i suoi genitori in un villaggio nei pressi de Il Cairo.

«Ora sto bene. Io mio figlio abbiamo ritrovato quell’ambiente familiare che ci era stato negato da tempo, come voleva lui. –prosegue la giovane barlettana nella sua intervista su Repubblica– Credo che mi abbia usato solo per i suoi interessi: evidentemente fingeva di amarmi, ma lo faceva solo per entrare in possesso della cittadinanza italiana di qui a pochi anni. Anche io ho commesso degli errori: l’ho perdonato troppe volte. Anche per i suoi tradimenti. Ho una personalità molto debole, non riuscivo a capire come sarei uscita da questa situazione. Fino a che non ho deciso di dire basta». E basta lo ha detto concretamente, tornando nella sua città, tra le braccia dei propri genitori e familiari. Dal giorno dell’immacolata la donna è tornata nella città della Disfida. Impossibile non leggere il sorriso tra le righe delle sue dichiarazioni, quel sorriso appartiene a chi ce l’ha fatta, a chi ha deciso di lottare contro il proprio soppressore, quel sorriso ancora un pò amaro, memore del dolore e delle costrizioni vissute.

«Spero che questa mia vicenda possa aiutare tante donne o uomini vittime di soprusi in famiglia a denunciare. Si può fare. Ma mi permetta una precisazione: contro l’Egitto non ho nulla. –così conclude la toccante intervista la 22enne– Il dolore è uguale a ogni latitudine. Io ora spero di dimenticare quello procurato a me e mio figlio».