Giovanissimo, determinato e pieno di energia, Francesco Rasola è ritenuto uno dei talenti emergenti nel settore della moda. Originario di Barletta, inizia principalmente come autodidatta, entrando in contatto con alcuni dei marchi italiani più importanti, varcando le porte del successo in brevissimo tempo e con tanto impegno, al punto da raggiungere più di 50 punti vendita in tutta Europa. Oggi possiamo definirlo uno degli stilisti streetwear più rinomati in Italia e non solo, grazie ad uno stile che affianca innovazione, tecnologia e volontà di sperimentare uscendo fuori da schemi e stereotipi. In occasione della sua recente presenza al Pitti Immagine di Firenze, uno degli eventi più gettonati nel settore della moda e del lifestyle, lo abbiamo intervistato proprio a Barletta, sua città d’origine, scoprendo insieme a lui il retropalco di una carriera tanto ammirevole.

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Dal 9 al 12 gennaio sei stato al Pitti Immagine di Firenze con la tua nuova collezione “Consfused” : perché questo nome?

«La mia ispirazione è stata la mia scrivania. Purtroppo vivo in una confusione continua, dettata dai tempi e dettata anche un po’ da quello che sono io, l’ordine si può dire che non faccia parte di me. Nel caos della mia creatività riesco però a mettere insieme delle collezioni, partendo dai bozzetti e da una serie di idee che inizialmente sono appunto confuse e dislocate fra di loro ma che poi riesco a coordinare, tirandone fuori dei concetti. In questo caso sono partito dalla cosiddetta Legge della Gestalt, che si può riassumere con la frase “Il tutto è più della somma delle sue singole parti” : questo è sempre stato il mio motto. Per questa collezione infatti ho anche affiancato tessuti che dal punto di vista tecnico magari appartengono a mondi differenti ma che nell’insieme riescono a trasmettere un messaggio e ad essere d’impatto. “Consfused” è l’ennesima provocazione, in quanto il fashion system è ad oggi molto confusionario, ed io ho voluto creare con questo gioco di lettere un po’ di caos».

Cosa ti aspettavi dall’esperienza al Pitti Immagine e cosa hai recepito?

«Cosa mi aspettavo? Mi aspettavo che la collezione potesse attirare, perché abbiamo costruito una struttura, utilizzata anche per la campagna pubblicitaria, basata sulla tecnica dell’audio reactive: i LED erano puntati sui capi d’abbigliamento e l’impianto d’illuminazione era coordinato con quello sonoro. Io gestivo quindi la luce partendo dal suono. Inoltre l’area era molto originale, eravamo stati ubicati in un padiglione molto sobrio, quasi metropolitano, con la dicitura “unconventional” proiettata sulla parete. Per forza di cose quindi mi aspettavo che questo allestimento potesse affascinare. Ciò che non mi aspettavo è stata invece la visita di buyer di un certo spessore, sia italiani che esteri, nonostante questa sia solo la terza stagione del nuovo progetto. Sono felice dunque che al di là del mood e del concept sia piaciuto anche il prodotto o per meglio dire il progetto nell’insieme».

Ripercorrendo le tappe della tua carriera, come ti sei avvicinato al settore della moda e del mondo fashion?

«E’ stata una casualità ma ammetto di essermela anche un po’ cercata. Ho interrotto gli studi al liceo classico per iniziare a fare graphic design perché ho sempre avuto passione per il disegno e per le arti visive in generale. Ti racconto un aneddoto: da piccolo costruivo dei modellini con il cartone dei vassoi dei pasticcini che mio padre comprava la domenica e ne venivano fuori forme più o meno fashion. Poi ho approfondito da autodidatta anche il settore della musica, dal pianoforte, alle percussioni, alla chitarra e ho fatto anche il dj. Dopo questa parentesi, subito dopo la maturità, sono stato chiamato da un’azienda per iniziare a lavorare come disegnatore grafico per delle linee di abbigliamento e mi sono appassionato. Ho collaborato anche con altre aziende, che trattavano abbigliamento sia per adulti che per bambini, avvalendomi dunque di una formazione che poteva permettermi di proseguire in questo ramo anche da solo. Così ho fondato la mia prima azienda nel 2014, messo in piedi il mio primo brand, Next Stop, che nonostante non abbia avuto molto successo, non mi ha impedito di andare avanti con determinazione. Il design per me è un modo di comunicare, di trasmettere un messaggio, dietro ogni collezione si cela sempre un significato che va al di là del prodotto in sé, anzi, per me il prodotto è l’ultimo pensiero: prima ancora del capo penso alla campagna pubblicitaria, alla soundtrack, e solo in ultimo penso al prodotto».

Classe ’89 e sei già un fashion designer di notevole successo : come vivi questa consapevolezza?

«Non mi considero famoso, nonostante abbia vissuto esperienze rilevanti, come la partecipazione al SUPER di Milano in collaborazione con Vogue o al Pitti Immagine di Firenze. Prima di atteggiarmi da “famoso” bisogna continuare a rimboccarsi le maniche e a lavorare duramente. La presenza a queste manifestazioni importanti è stata certamente una grande soddisfazione ma non mi ha fatto montare la testa, non mi sento arrivato. Adesso inizia una guerra, metaforicamente parlando: arrivati al Pitti Immagine bisogna alzare ancora di più il tiro, affinare il livello e impegnarsi ancora di più».

In ultimo : cosa ha in serbo Francesco Rasola per il futuro?

«Ci sono tanti progetti futuri. Posso sicuramente espormi su quello più imminente : il lancio di un progetto relativo ad una vendita online alla quale stiamo lavorando in maniera diversa rispetto ai classici shop online. Si tratterà di una vera e propria boutique interattiva che avvicinerà lo Store fisico al virtuale. Inoltre si prospetta una sfilata a New York : una boutique di Los Angeles ci ha notato durante la presentazione della scorsa collezione. C’è molto interesse da parte degli Stati Uniti, quindi il prossimo obiettivo potrebbe essere una sfilata a New York dato che siamo in contatto con loro. Dobbiamo prima però continuare a crescere e ad evolverci. Noi ce lo auguriamo».

A cura di Carol Serafino