La storia che vi stiamo per raccontare parla di un giovane barlettano e della sua piccola impresa in collaborazione con dei colleghi universitari: il progetto Recu. Alessio Dipaola nasce a Barletta e dopo gli studi d’arte all’accademia di Foggia decide di realizzare il suo sogno per la specialistica: studiare all’ISIA di Firenze, la più rinomata università d’Italia in ambito design e comunicazione. Un sogno che diventa crescita quotidiana nell’affrontare le piccole difficoltà del vivere fuori dalla propria città natale, scambio e confronto costante con altre realtà, altre mentalità, insomma un percorso di formazione sotto ogni punto di vista.

Ad oggi il sogno di Alessio è diventato una realtà di grande interesse: con altri due studenti del suo stesso corso Alessio in qualità di CEO e visual designer, Serena Correale in qualità di Project Manager and Product Designer e Mario Bernaudo in qualità di Product Manager and Designer, hanno dato vita al progetto RECU Personal Sleep Care. La loro creazione è un dispositivo che monitora il sonno dell’individuo per identificare eventuali disturbi e curarli. Il progetto di tesi di Alessio e dei suoi colleghi universitari ha suscitato grande interesse ed è stato selezionato tra le start up italiane protagoniste del più grande evento mondiale sull’innovazione e la tecnologia: il CES (Consumer Electronic Show) di Las Vegas. Domani ospiti all’Università di Bari in un appuntamento in cui saranno presentate le migliori start up appena tornate dal CES, che presenteranno in un pitch il proprio progetto, Alessio ed i suoi colleghi ci hanno parlato della nascita e dello sviluppo di RECU, la dimostrazione che la forza di volontà e l’impegno portano sempre a grandi risultati.

Come nasce il progetto Recu e come avete sviluppato il naming?
«Il progetto nasce da un bando indetto dall’Università degli Studi di Trieste, in particolare la sezione biomedica, unità alla collaborazione della Sissa: istituto di tipo universitario internazionale, supportato dallo stato italiano per promuovere la ricerca scientifica, il quale richiedeva la creazione di un dispositivo biomedico che potesse aiutare e facilitare la qualità della vita. Il nome Recu nasce dalla volontà di esprimere la funzione del dispositivo stesso il quale è stato pensato per registrare le persone durante il loro sonno da qui REC (record) U (you). In francese Inoltre RECU acquista un significato di ricezione. Questo si lega al fatto che il dispositivo è in grado di ricevere dati durante la notte per poi rielaborarli e rendere l’utente più consapevole del proprio stato di salute».

Perchè avete deciso di elaborare un prodotto per lo studio del sonno?
«Noi crediamo che il design possa essere uno strumento per risolvere problemi e realizzare cambiamenti positivi. I disturbi del sonno, ed in particolare l’OSAS, hanno gravi ripercussioni sui principali organi del corpo umano, sono collegati con pericolose malattie croniche ed hanno costi sanitari e sociali altissimi. Prevenire questi disturbi ed aumentarne la consapevolezza significa agire in modo sistemico per diminuire le criticità legate a questa sfera della medicina, oggi ancora tristemente sottovalutata. Un documento del Senato firmato dalla dott.ssa Anna Caparra afferma che “la promozione della salute del sonno potrebbe evitare 25.000 casi di infortuni, 300 morti e 6.000 casi di invalidità all’anno”».

Quali sono state le vostre emozioni una volta che vi hanno annunciato che avreste partecipato ad un evento di tale rilevanza a livello mondiale?
«Quando ci è stata comunicata questa possibilità siamo rimasti in un primo momento sbalorditi: era una grande opportunità ma il tempo era poco e le cose da fare davvero molte. Abbiamo però deciso di crederci e nonostante le mille difficoltà siamo riusciti a portare con grande emozione il nostro progetto al CES».

Quali erano le vostre aspettative e qual è stata la risposta del pubblico del Ces di Las Vegas al progetto?
«Siamo stati davvero orgogliosi di notare fin da subito un riscontro positivo: abbiamo ricevuto moltissimi complimenti non solo per il design del nostro dispositivo, ma soprattutto per l’idea di progetto considerata attuale e significativa. Ciò che ci ha dato una maggiore spinta è stato soprattutto ricevere l’interesse del pubblico “informato”, come professionisti del settore e CEO di aziende che si occupano di dispositivi medici».

Che progetti avete per il futuro?
«Il nostro obiettivo è quello di raccogliere i fondi necessari per avviare la fase di sviluppo hardware e software del sistema, con lo scopo di raggiungere la fase di testing».

Tra le altre start up presenti a Las Vegas ce n’è qualcuna che vi ha colpito particolarmente?
«Le startup presenti erano tutte caratterizzate da grande aspirazione ed una certa genialità, in particolare siamo rimasti colpiti da Graffiti for Smart City della startup di Salvatore Pepe. Si tratta di un progetto a cavallo tra arte e tecnologia che permetterebbe, oltre alla libera espressione del sé, di semplificare moltissime attività di scambio dati quotidiane conferendo alle città una “seconda pelle” dalla tecnologia IoT».