«A proposito di Pietro Mennea. Campione, atleta, sprinter, personaggio, uomo. Così a Trento, il Festival dello Sport ha coronato la prima, scintillante edizione nel nome e nel segno impresso in tutto il mondo da quel ragazzo di Barletta». Prende il via così la riflessione a firma del giornalista Nino Vinella. «Il finale della “quattro giorni” trentina – scrive – svoltasi al sole di metà ottobre nello scenario di montagne verdi fra luoghi d’incontro e strutture sportive di eccellenza, ha registrato ben due appuntamenti di assoluto rilievo internazionale per onorare la Freccia del Sud».

«Di Mennea mi piace quanto ha fatto da atleta, ma anche ciò che ha fatto oltre l’atletica. La sua eredità non è un macigno ma un traino. Ed a Barletta sarei davvero molto onorato di venirci per vedere e conoscere da vicino i luoghi della sua storia». Così il giovanissimo neo primatista italiano sui 100 metri, Filippo Tortu (in divisa da finanziere) ha dichiarato nell’incontro pubblico a più voci sul tema dell’eredità sportiva dell’indimenticabile velocista mondiale.

 Ospiti d’onore la vedova di Mennea, Manuela Olivieri (“Racconto quanto Pietro mi raccontava di sé e delle sue fatiche, grazie anche a quelle sue agende piene zeppe di appunti sui carichi di lavoro in allenamento, fino al mitico suo record a Città del Messico”); i compagni della staffetta azzurra che conquistarono uno storico argento ai Mondiali di Helsinki ’83 subito dopo gli Stati Uniti di Carl Lewis: Stefano Tilli, Carlo Simionato e Pierfrancesco Pavoni; il giamaicano Don Quarrie, uno dei suoi eterni rivali, cinque edizioni olimpiche (oro a Montreal ’76) e in particolare del bronzo conquistato a Mosca ’80 nei 200 vinti dall’azzurro; il professor Antonio La Torre, neo commissario tecnico dell’Italia atletica, pugliese da Manfredonia. E’ stato Tommy Dibari ad apporre il sigillo finale con la presentazione del suo libro “Pietro Mennea, l’uomo che ha battuto il tempo” (Cairo editore), dove in 156 pagine e diciannove capitoli, una sola foto a colori in copertina. «Per noi gente del Sud – ha detto da barlettano Tommy –  Mennea ha significato un sogno, un’occasione, la possibilità di farcela soprattutto per i giovani. In un luogo difficile come la nostra terra, ha realizzato i suoi sogni. Noi lo abbiamo visto come uno “staffettista” che prende i nostri sogni e li porta lontano. E quel “recupera recupera recupera” urlato prima del suo oro, una metafora per la nostra terra».

Un libro nato sotto la buona stella della solidarietà, tra la Fondazione Casillo e la Fondazione Pietro Mennea Onlus: «Un libro proprio per questo destinato ai giovani ed agli studenti in particolare – spiega Dibari – Tutti conoscono le sue gesta sportive, ma davvero pochi sanno com’era l’uomo Mennea, un po’ introverso, un po’ ostinato, certamente tenace, un uomo con una storia incredibile, che andava raccontata e sono felice di averlo fatto io, che Mennea l’ho ammirato da bambino, da barlettano, da amante dello sport, da sognatore, da ragazzo del sud pronto a lottare contro tutto e tutti per coronare il suo sogno».