«Errori maldestri hanno dato il benvenuto alle tre liste candidate alle Elezioni Provinciali del prossimo 31 ottobre, che poi elezioni non sono. Sarebbero, più che altro, una partita a scacchi per i partiti che ultimamente fanno difficoltà anche a mangiare i pedoni, per intenderci, ma questa è un’altra storia. Il vero problema è ben più profondo e pauroso. In un momento di crisi sociale, in cui la politica fa fatica a trovare un canale di comunicazione diretta con i cittadini (che non sia quello delle dirette social), la Legge Delrio ha ben pensato di aprire una voragine che ha troncato il rapporto tra cittadino e territorio provinciale». Introducono così la loro nota circa le prossime elezioni provinciali i consiglieri comunali Rocco Dileo, Giuseppe Dipaola, Pier Paolo Grimaldi, Salvatore Lionetti, Michele Maffione e Ruggiero Marzocca.

«Più che una legge di revisione dell’ente provinciale, la Legge Delrio è stata un gioco al massacro che ha immolato le povere Province al disastroso altare del Referendum costituzionale del 2016 che le avrebbe abolite del tutto. Il miracolo renziano, come è noto, non è avvenuto. Anche questa è un’altra storia, ma sappiamo benissimo che ha creato un limbo istituzionale, precario e alquanto ridicolo, mantenendo in piedi enti quasi del tutto sprovvisti di potere, così come di finanziamenti, con competenze poco chiare che si rendono ancora più oscure dal momento che la suddetta legge ha abolito la Giunta provinciale, mantenendo solo il Consiglio, nell’ottica di un accentramento a favore della Regione. Quale sarebbe, allora, la valenza della Provincia non è dato saperlo. Eppure, ci accingiamo al voto per il rinnovo del Consiglio Provinciale. Tuttavia, e qui viene il più bello, a votare non sono i cittadini, privati del diritto che per eccellenza contraddistingue un sistema democratico, bensì i Consiglieri comunali e i Sindaci dei 10 comuni della Provincia BAT, peraltro con un sistema di voto ponderato.

Ecco, le elezioni provinciali non sono elezioni, ma nomine e indicazioni di partiti e gruppi politici che a proprio uso e consumo avviano una campagna elettorale a suon di caffè e amichevoli pacche sulle spalle. E veniamo a noi, anzi a quegli errori maldestri che hanno reso ancora più ridicole queste elezioni provinciali con la presentazione di tre liste, tutte con errori che la dicono lunga sulle capacità dei salotti politici che hanno provveduto alla stesura delle liste stesse. Abbiamo assistito all’esclusione della lista “Fronte Democratico” che fa riferimento a Michele Emiliano per presunta incompetenza territoriale del Segretario comunale di Margherita di Savoia che aveva autenticato le firme. Poi, a seguito del ricorso al TAR presentato da Giuseppe Corrado e Nadia Landolfi, torna in corsa la lista dei “nuovi Dem”. Insieme a questa, troviamo la lista PD, anch’essa non priva di ridicoli errori, considerati non rilevanti dalla commissione elettorale, sulla città di nascita di Rosa Cascella e sulla data di nascita di Giovanna Bruno. Dulcis in fundo, la lista di centro-destra, quella dell’ultimo minuto, quella con i candidati camaleontici. “Insieme per la Bat”, infatti, vince su tutte la gara all’errore, essendo stata presentata letteralmente un minuto prima della scadenza con una sostituzione a penna di Andrea Barchetta con Michela D’Avanzo. Una sostituzione, denunciata non solo dai Consiglieri comunali di Andria, Di Noia, Di Vincenzo e Frisardi, ma anche dal vice segretario generale della provincia, la dott.ssa Lacasella che avrebbe autenticato la lista con il nome di Barchetta.

Un teatrino che non ha fatto battere ciglio alla commissione elettorale che ha comunque ammesso la lista, la cui esclusione è stata richiesta con un ricorso presentato da Laura Di Pilato che il TAR ha rigettato. Questo, fa notare qualche osservatore più attento, non perché la lista non presenti errori, ma perché la Di Pilato non potrebbe vantare un interesse leso dall’ammissione della lista alla gara elettorale. Ciliegina sulla torta, infine, la condanna della Provincia al pagamento delle spese processuali, non essendosi costituita in giudizio.

Errori, indice di una non curanza dei partiti politici, dediti al gioco delle sedie, che chiariscono la fisionomia di una politica che non ci rappresenta e che di certo non rappresenta i cittadini, espropriati del diritto alla parola, ma condannati comunque a subire. Per quanto ancora? Noi, intanto, ci asterremo dal voto il prossimo 31 ottobre. Non sosterremo questo gioco, non contribuiremo al pietoso spettacolo autocelebrativo di cui la politica sembra avere un viscerale bisogno e nel quale i cittadini sono relegati al ruolo di spettatori inermi. Non vogliamo far parte di simili circoli perché, prima di essere Consiglieri comunali, sia chiaro anche a chi lo avesse dimenticato perché infervorato dal fascino delle poltrone, siamo cittadini».