Un concerto in prima mondiale assoluta per raccontare una delle pagine meno conosciute della storia del Novecento: quella che ha per protagoniste donne internate fra il 1933 e il 1945 nei lager tedeschi, nei gulag russi, nei campi giapponesi e africani; donne ebree, tedesche, polacche, ungheresi, italiane, olandesi, britanniche, australiane, sovietiche e rom. Donne che nella “banalità” dell’orrore bellico custodivano in sé un “dono” particolare: ossia la capacità di comporre musica, prerogativa che riuscirono ad esprimere talvolta col consenso degli aguzzini o, molto più spesso, di nascosto. La loro esperienza, vissuta ai margini di un abisso il più delle volte senza ritorno, ha lasciato pagine musicali di grande bellezza e interesse artistico, che ora rivivono grazie all’iniziativa del musicista pugliese Francesco Lotoro da circa trent’anni impegnato a raccogliere e a trascrivere musiche composte dagli internati nei campi durante gli anni della seconda Guerra Mondiale, fino a dar vita, nella sua Barletta, alla Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria (ILMC), alla quale fa capo il progetto Cittadella della Musica Concentrazionaria, il più grande Hub internazionale sulla materia. Una parte di questa cospicua produzione per lo più inedita e sconosciuta – che ad oggi include 8000 opere musicali e 10 mila documenti – sarà al centro del concerto che si terrà a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, il prossimo mercoledì 16 gennaio 2019 (Sala Sinopoli, ore 20.30).

Il concerto, diretto da Francesco Lotoro, sarà eseguito dall’ensemble Lagerkapelle (formato da solisti di rilievo internazionale), dal Coro Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (diretto da Ciro Visco), dall’Ilse Weber Choir (preparato da Anna Maria Stella Pansini), con la splendida voce solista di Cristina Zavallone e la magistrale voce narrante di Paola Pitagora. La regia è di Angelo Bucarelli. I testi di Viviana Kasam. Ospite d’onore della serata sarà Aviva Bar-On, deportata poco più che decenne nel campo di Theresienstadt e fortunosamente sopravvissuta. Il progetto, a cura di Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese, è promosso da UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), sotto l‘’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri; è realizzato in collaborazione con l’Accademia di Santa Cecilia ed è prodotto da BrainCircleItalia, Musadoc, Intergea e Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria (ILMC). L’ingresso è gratuito (i biglietti vanno ritirati, fino ad esaurimento posti, a partire dal 12 gennaio presso l’Info Point dell’Auditorium Parco della Musica).

L’evento, organizzato in occasione del Giorno della Memoria 2019, testimonierà in modo struggente come la creatività femminile – già di per sé storicamente discriminata – abbia costituito per molte donne in prigionia un baluardo contro il male, un mezzo estremo di consolazione attraverso la bellezza e l’arte. L’iniziativa assume inoltre un particolare valore simbolico in un momento di particolare recrudescenza dell’odio razzista e dell’egoismo all’interno della società contemporanea.

Le composizioni riportate alla luce da Lotoro, raccontano – attraverso ninne nanne, melodie popolari, incitazioni a resistere, denunce delle crudeltà delle kapò, nostalgia delle propria casa e del proprio paese – una storia intima e inedita della vita delle prigioniere, restituendocene l’umanità e una unicità oscurate dalla drammatica realtà dello sterminio nazista e delle brutali detenzioni sovietiche e giapponesi. Di queste pagine musicali “ritrovate” fanno parte opere di più complessa e pregevole fattura e altre di più semplice struttura, ma tutte sono ricche nel gusto della rima, nella linea armonica, nella purezza melodica, denotando sempre una sincera e profonda compartecipazione agli eventi dei quali queste donne musiciste sono protagoniste (dagli eventi del ghetto alla tragedia dei Campi). Fra gli altri si possono ricordare i nomi di Ilse Herlinger Weber, autrice di poesie e canti, deportata a Theresienstadt nel 1942 e morta ad Auschwitz–Birkenau, nel 1944 insieme al figlio nelle camere a gas; Ludmila Kadlecova Peskarova, deportata a Ravensbrück nel 1943, dove scrisse canti e pezzi per coro femminile; Jadwiga Leszczinska, deportata ad Auschwitz–Birkenau e trasferita a Bergen–Belsen, dove nel 1944 scrisse Auschwitzlied; la deportata sovietica Zinaida di cui si sa solo il nome, deportata presso il Campo femminile di Ravensbrück dove lasciò il testo del suo Ravensbrücklied (su una melodia russa); e poi ancora Stanislawa Lampart, Teresa Chwiejczak, Johanna Spector, Janina Modrzewska, Lea Svirski, le donne del popolo Rom nei Campi: tutte musiciste; senza escludere i cori femminili di Ravensbrück o i brani corali scritti nei Campi giapponesi di Muntok, Palembang e Belalau da donne olandesi, britanniche e australiane.