A cura di Viviana Damore
Nonostante siano passati tre anni dalla pubblicazione del filmato realizzato da Francesco Di Cataldo sulla vita e la morte di suo nonno, il Maresciallo Maggiore del Corpo degli Agenti di Custodia di San Vittore, Francesco Di Cataldo, di origini barlettane, che fu assassinato dalle Brigate Rosse il 20 aprile 1978, il corto non viene dimenticato dalla città che assistette alla sua morte. Il video è infatti tornato alla ribalta sulle pagine giornalistiche milanesi, proprio in questi giorni, in occasione del periodo in cui il Maresciallo trovò la morte per mano del terrorismo italiano. Abbiamo deciso di chiedere all’ideatore e regista del video, Francesco Di Cataldo, giovane ventiduenne che studia al Conservatorio di Milano, alcuni dettagli sul filmato da lui realizzato e disponibile su Youtube .
Sono passati tre anni da quando è stato pubblicato il filmato dedicato alla storia di tuo nonno. Cosa ti ha spinto a realizzarlo?
«Ho frequentato come scuola superiore un istituto tecnico di cinematografia, indirizzato alla ripresa e al montaggio video. Come lavoro finale per la maturità dovevamo presentare un cortometraggio della durata di 10 minuti su un argomento a scelta. Ho scelto questo tema perché volevo raccontare una storia che fosse solo mia e approfondire questo argomento per conoscere la figura di mio nonno».
Nel tuo percorso di ricerca per il video ci sono state delle scoperte inaspettate per te?
«La prima cosa inaspettata per me (ancora prima di decidere di realizzare il cortometraggio) è stata la scoperta della notizia su internet dell’omicidio. Proprio come nella scena iniziale del filmato, un mio compagno di classe scrisse per scherzo il mio nome su internet e uscì l’articolo che annunciava la morte di mio nonno. È ovvio che ci sia la notizia, ma leggere per la prima volta “assassinio del maresciallo Francesco Di Cataldo” e vedere le immagini del suo corpo a terra ricoperto dal velo mi ha fatto molto effetto. Sono rimasto impietrito davanti al computer per qualche secondo. Cosa ho scoperto che non sapevo prima? Praticamente tutto. Prima di fare il filmato non avevo quasi mai interrogato mio padre su questo argomento, non volevo fargli rispolverare una memoria che l’avrebbe fatto soffrire. Quando gli dissi che avevo intenzione di girare il cortometraggio in realtà fu molto felice e mi aiutò tanto. Intervistando lui e gli ex agenti che lavorarono a stretto contatto con mio nonno posso dire di averlo conosciuto».
Cosa hai provato quando a Milano è stato intitolato un parco in onore del tuo avo?
«Inutile dire che ho provato un immenso piacere. Le vittime del terrorismo degli anni di piombo purtroppo sono state dimenticate per una trentina d’anni finché i familiari delle vittime, con il comune di Milano, si sono mossi affinché venisse intitolato un parco per ogni vittima. Questa operazione di memoria mi ha emozionato, perché è come se sentissi nuovamente vive queste persone, vive nei nostri ricordi».
Sono passati quasi quarant’anni dal quel triste 20 aprile 1978, il dolore è ancora forte negli occhi di chi conobbe il Maresciallo. Cosa provi ad aver ereditato un nome così importante?
«Sono orgoglioso, è un nome molto importante. Non mi sento in dovere di reincarnare la sua figura, ma semplicemente di far proseguire nel migliore dei modi il ciclo della vita, con in mente l’immagine di una persona splendida da cui prendere sicuramente esempio. Un nuovo Francesco, la vita che non si ferma davanti a una tale tragedia ma a maggior ragione prosegue ricercando il bello, il giusto ed il rispetto verso gli altri».
Nel tuo filmato si parla di amore come arma per cambiare il mondo: cosa ne pensi alla luce dei molteplici attentati terroristici di questi ultimi tempi?
«I terroristi vedono le persone come dei simboli da abbattere per generare paura e far sentire vulnerabili tutte le persone intorno alla vittima. Accecati dalle ideologie politiche, religiose, dal potere e dal denaro non pensano che colpendo singoli individui colpiscono intere famiglie e in parte anche le generazioni successive. È davvero difficile, forse utopistico, insegnare a queste persone cosa sia l’amore e cercare di farli ragionare in questo modo. Portare avanti la memoria, non dimenticare, penso che sia il modo migliore per evitare di ripetere certi errori, ma di fronte agli ultimi episodi di terrorismo, con rammarico, mi trovo davvero spiazzato a rispondere. Sono dei fenomeni difficilmente controllabili e ultimamente quasi ingestibili».
