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Le cicatrici della storia per una visione più completa: perché no ai bronzi di piazza Caduti

Un monumento evocativo ha il senso di far ricordare

Potremmo chiedere di chiudere i buchi nella facciata del Castello, segni di cannonate di una nave militare austriaca del 24 maggio 1915; o peggio, potremmo rifare la facciata laterale dell’ex edificio postale, cancellando la memoria dell’eccidio dei vigili e dei due netturbini il 12 settembre 1943. Naturalmente, saremmo tacciati di non voler salvaguardare la memoria storica che collega direttamente la nostra città di Barletta con la storia nazionale di quelle epoche; di esempi se ne potrebbero fare moltissimi altri, ma la questione centrale è che il fascino della storia è nelle cicatrici che restano indelebili nel corso del tempo.

Nella centralissima piazza Caduti (oggi di tutte le guerre, all’epoca della Prima Guerra Mondiale) fa capolino tutt’oggi un obelisco inaugurato il 18 marzo 1929, in memoria dei soldati che hanno perso la vita durante la Prima Guerra Mondiale; al momento della costruzione, erano sovrapposti dei bronzi, raffiguranti, in bassorilievo, dei soldati nell’attimo dell’ultimo sacrificio per la patria. Successivamente, nel 1943, la stessa piazza fu teatro del primo esempio di rappresaglia nazista in Italia. Recentissima la scoperta della fotografia che ritrae il quarto lato di cui non si riusciva a conoscere l’esatta immagine finora: straordinario il rinvenimento grazie al quale è possibile offrire un ulteriore approfondimento alla storia locale. Tuttavia, non pare coerente parlare di salvaguardia e valorizzazione della memoria storica legate a quel monumento, perché è importante preservare la memoria non solo dei bronzi apposti ma anche del perché i bronzi sono stati tolti. Infatti quei bronzi vennero rimossi dal regime fascista durante il secondo conflitto mondiale per ricavarne delle munizioni, come ricordato dall’iscrizione apposta al monumento. Dunque, non si tratta di un banale atto di vandalismo per cui si può decidere alla leggera di superarlo, ripristinando i bronzi come in origine, ma la motivazione stessa per cui il monumento fu spogliato è essa stessa degna di approfondimento storiografico. L’assenza dei bronzi è un modo per spiegare meglio l’insensatezza di quella guerra e del regime fascista.

Meraviglia che il nostalgico sentimento di tornare ad addobbare quella piazza “come se nulla fosse successo”, banalizzato forse in alcune discutibili volontà estetiche, torni oggi anche da parte di alcuni studiosi della storia locale, sebbene la diatriba tra le due diverse opinioni non sia mai mancata da alcuni decenni a questa parte, come una priorità, come se davvero quello fosse un atto di valorizzazione della memoria storica. Certo lo sarebbe, se non ci fosse un altro momento storico, certamente triste per la nostra città e la nostra nazione, che merita di essere valorizzato e ricordato nello stesso modo. Esistono diverse vie, se il senso è quello di una figurativa ricostruzione dell’immagine monumentale, magari nella piazza stessa, ai piedi del monumento. Ma questo potrà essere deciso da tecnici appositi. Un monumento evocativo, come appunto una stele, racchiude il suo significato nella sola sua presenza; il compito di divulgare ai giovani e ai visitatori il significato di quell’obelisco e delle sue metamorfosi storiche, è di noi cittadini, degli studiosi locali, delle associazioni culturali e delle istituzioni. Ma il senso storico riguarda l’identità della città e non può essere violentata da una memoria parziale.

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