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Erri de Luca e “La natura esposta”

La natura, i migranti, il rapporto con Dio, lo scrittore si racconta tra finzione letteraria e realtà

Umiltà, sensibilità e una travolgente simpatia. Questi tre elementi della personalità del noto scrittore Erri de Luca, che ha presentato il suo ultimo libro lunedì 28 novembre presso la Sala Rossa del Castello Svevo di Barletta, hanno trasformato l’evento in una piacevole chiacchierata con i presenti, che ha toccato i temi più disparati. Il romanzo “La natura esposta” racconta di un protagonista senza nome che vive in una città di mare, un uomo di molti mestieri che riceve il compito di restaurare una statua del crocifisso. Si tratta di un restauro delicato, poiché la statua contiene segreti che si rivelano solo al tatto. Il passato del restauratore è particolare, dal momento in cui è fuggito dal suo paese di montagna, in cui aiutava gli stranieri a espatriare, poiché, scoperto dai suoi compaesani, responsabili di traffici umani, era stato costretto a trasferirsi.
L’incontro, organizzato dal Presidio del libro di Barletta in collaborazione con la biblioteca comunale e moderato da Cosimo Damiano Damato, ha aperto un dibattito su vari temi legati alla trama del libro.
«La semplicità con cui il protagonista aiuta i cosiddetti “viaggiatori di sfortuna” senza accettare denaro – ha affermato l’autore- mette in atto il principio per cui non bisogna chiedere un compenso per la fornitura dell’indispensabile. L’economia della gratuità è molto sentita nel nostro Paese, che si regge sul Pil misterioso del volontariato. Fortunatamente, il volontariato è una nostra specialità». Nel libro assumono una grande importanza i paesaggi: il mare, che rappresenta il luogo in cui De Luca è cresciuto, e la montagna, a cui lo scrittore è legato da un amore profondo per la natura. Ma natura, secondo lo scrittore, è il posto che l’uomo ha violentato. «Ormai chiamo “Natura” il posto in cui non c’è l’uomo, mentre il resto lo chiamo ambiente, ciò che ci circonda. Sento di appartenere a questo pianeta solo quando sono in un posto ostile, estraneo, che non dà garanzie, quando mi sento un intruso-ha spiegato De Luca-L’ambiente è infettato dalla nostra intensità di sfruttamento. Quando Dio disse ad Adamo “Maledetta la Terra”, malediceva proprio quella volontà dell’uomo, nata in quel momento, di sfruttare la Terra per ottenere guadagno. E purtroppo per l’uomo non è facile discernere il bene dal male. Questi hanno le stesse radici, e l’uomo stesso è un miscuglio di bene e di male. La nostra storia non è progresso, noi andiamo avanti a tentoni, cercando di distinguere le due cose. In questo momento la nostra presenza è particolarmente pesante sulla terra, stiamo accumulando potenziali ragioni che ci porteranno all’autodistruzione. Se continuiamo così, le generazioni successive dovranno inventarsi l’economia della riparazione».
Lo scrittore ha concluso la presentazione recitando dei versi scritti a Lampedusa, all’indomani di uno dei naufragi che hanno macchiato il nostro mare negli ultimi anni. «Questa poesia recita “Mare nostro che non sei nei cieli”, ma in realtà questo mare non è più nostro. Ora il Mediterraneo è di tutti quelli che ci sono morti, è anche il loro, e tutti questi naufragi rappresentano delle ferite che non devono cicatrizzarsi, ma devono continuare a bruciare, a mantenere vivo il ricordo».

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