Per i giovani che stanno crescendo a contatto con le nuove tecnologie, la distinzione tra vita online e vita offline è davvero minima. Le attività che i ragazzi svolgono online o attraverso i media tecnologici hanno quindi spesso conseguenze anche nella loro vita reale. Allo stesso modo, le vite online influenzano anche il modo di comportarsi dei ragazzi offline, e questo elemento ha diverse ricadute che devono essere prese in considerazione per comprendere a fondo il cyberbullismo. Si può definire “cyberbullismo” l’uso delle nuove tecnologie per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone. Un mondo virtuale senza uno sceriffo, al quale il 26enne barlettano Mario Colabufo, imprenditore, sta cercando di dare una soluzione: «Mi sono lentamente reso conto che gli utenti non sono tutelati dalla possibilità, apparentemente sempre presente, di essere diffamato. Cyberbulissimo e sexism sono dei problemi che ci affliggono e non possono essere ignorati: i meno protetti sono i minori o comunque i giovanissimi». Così, anche a seguito di episodi lavorativi che l’hanno coinvolto personalmente («Ho notato che c’era chi approfittava della rete per attaccare la mia azienda») Colabufo ha cercato di trovare un metodo che riducesse la possibilità di affibbiare etichette gratuite sul web: “La creazione di Faceguard nasce da un trend in preoccupante e costante crescita, anche dopo i casi eclatanti di suicidi di cui abbiamo letto, in Italia e all’estero».

Logo Faceguard

Uno scambio di mail con la sede centrale di Facebook, l’aiuto di alcuni esperti informatici e in quattro mesi ecco la ricetta Faceguard: «Nell’arco di quattro mesi, tra giugno e ottobre, ho studiato questo sistema di tutela: ci sono tanti test alle spalle. Il prodotto ha funzionato nel 95% dei casi entro l’arco di 24 ore. Abbiamo studiato un’equazione che ci permette di accontentare e aiutare l’utente medio con elevate percentuali di successo». Oltre 3000 like in sette giorni, numeri che premiano la risposta a un bisogno sempre più crescente: «Ho una quindicina di collaboratori, ma nella prima fase ho lavorato in sinergia con un programmatore, che mi ha fatto chiarezza sulle procedure da utilizzare nei casi di cyberbullismo». Facebook è un «far west senza sceriffo: quante volte facciamo discussione con una persona e riceviamo offese? L’unico rimedio al momento è bloccare una persona: una dinamica che non scioglie il conflitto. Io voglio un web più sicuro per tutti: pensiamo anche ai bambini. Un commento o un post sono delle armi, che possono assumere dei risvolti inaspettati e a volte tragici: gli ultimi fatti di cronaca ce lo raccontano».

Ma come funziona Faceguard? Colabufo lo spiega in poche ma efficaci parole: «Offriamo un supporto e soluzioni tangibili contro il fenomeno: basta cercare su Facebook la pagina Faceguard e lì c’è il pulsante per inoltrare una segnalazione. Ci inviate uno screen del commento diffamatorio o il link». Salvare le prove dell’offesa ricevuta ed evitare interazioni con chi l’ha arrecata sono i consigli dello staff. Oltre “170 segnalazioni” sono arrivate nella prima settimana di vita della pagina. Spesso sono i giovanissimi, a volte ancora privi di coscienza delle loro azioni, a chiedere aiuto: «Parliamo di fasce di età molto giovani-ammette Colabufo-il 70% delle nostre segnalazioni arrivano da persone che hanno meno di 18 anni. Occorre tener conto dei problemi psicologici che queste forme di attacchi online causano a chi li subisce». Mondo virtuale, attenzione: ecco lo sceriffo.