In questa carrellata sulle candidature alla guida di Palazzo di Città, per le Amministrative del prossimo 10 giugno, abbiamo incontrato il candidato Mino Cannito, che si presenta alla guida di una coalizione puramente civica e trasversale.

Come si presenta oggi Mino Cannito agli elettori barlettani? La sua esperienza nel Partito Socialista Italiano viene da lontano: ritiene che un percorso come il suo sia un valore aggiunto?

«Certamente sì, l’esperienza politica e amministrativa conseguita in questi anni mi dà modo di conoscere meglio i problemi della città. Al PSI, il partito della mia famiglia, sono sempre stato legato da profonda passione politica e da un legame ideologico, che dura ancora oggi. L’attuale coalizione civica, che si propone alla guida della città, abbandona il vecchio schema partitico per affrontare direttamente i problemi della città».

Una strana “operazione politica”: un civismo, che qualcuno ha definito ipocrita, che ha unito il centrodestra con la sinistra, tutti dentro tranne il PD.

«Per i miei detrattori politici che avversano questo progetto è normale criticarlo. Se noi però facciamo mente locale su quello che sta avvenendo a livello nazionale, verifichiamo che i partiti non sono più in grado di dialogare tra loro, neanche di formare un Governo. Noi abbiamo superato questa logica di oppressione partitica e diamo la possibilità ai cittadini che non vogliono sentir parlare di partiti di esprimere il proprio voto in un’ottica puramente civica. Dice centrodestra centrosinistra? Noi siamo andati oltre questa logica, tant’è vero che Forza Italia ha rinunciato alla presentazione del simbolo; questa è una scelta di umiltà e non una mimetizzazione camaleontica allo scopo di ottenere dei vantaggi. In realtà loro hanno rinunciato, così come hanno rinunciato gli altri. Perché non il PD? Perché il PD ci avrebbe riportato nelle paludi di un’organizzazione partitica che non avrebbe fatto bene alla Città».

Sulla carta ha qualche possibilità in più, vista la grande apertura della sua coalizione civica: se dovesse essere eletto sarà difficile coniugare tante e diverse posizioni e idee?

«Per me no, perché noi partiamo da un programma condiviso. Non è che il programma lo facciamo dopo, ma il programma è stato già fatto e sottoscritto dalle liste civiche, e quella sarà la linea guida della futura Amministrazione qualora i cittadini volessero affidarmi la guida della città».

 L’ormai partito del M5S ha ottenuto un plebiscito anche a Barletta alle scorse Politiche: il ricorso alle liste civiche è una “difesa” al nuovo processo politico?

«No, non è una difesa. Noi ci siamo incontrati e abbiamo pensato di metterci insieme al di fuori dei partiti perché questi condizionano la vita politica della città. Noi abbiamo messo fuori i partiti e abbiamo messo fuori tutti quegli uomini che attraverso i partiti condizionavano la vita politica della città, faccio riferimento all’On. Francesco Boccia, all’On. Rossi, al Presitente Emiliano. Noi vogliamo essere assolutamente liberi da queste logiche e le dico questo: ciò che sta accadendo a livello nazionale è sintomatico di una politica che non sa dialogare, dove i partiti sono ai ferri corti, l’uno contro l’altro. Noi abbiamo dimostrato che si può fare politica tranquillamente solo con le liste civiche e quindi siamo molto orgogliosi e contenti di questo nostro progetto. Tra l’altro, mi risulta che circa il 77% dei comuni italiani sia amministrato da liste civiche, per cui non è per nulla una novità questo».

 Avrà modo di raccontare meglio il suo programma elettorale nelle prossime settimane: quali le principali tematiche su cui un sindaco deve rivolgere l’attenzione a Barletta?

«La politica deve recuperare il primato sulla dirigenza e sulla burocrazia che è un ostacolo allo sviluppo della nostra Città, quindi bisogna limitare al massimo le cavillosità dei dirigenti che tanto frenano le iniziative imprenditoriali. Questa è la cosa più importante. Attraverso ciò, facilitare le imprese nella creazione di posti di lavoro. Poi, sviluppare il settore turistico e dell’intrattenimento perché è un settore molto importante dove i giovani possono trovare lavoro, considerando che non c’è altra opportunità di lavoro, e soprattutto facilitare i luoghi dell’intrattenimento perché la movida di Barletta l’ho criticata in passato per il disordine e la poca attenzione di ciò che si è offerto, ma adesso penso che questo settore sia maturo e offra qualità e quindi i visitatori e i nostri cittadini ne traggono servizi efficaci e quindi verrà molto sviluppato da parte nostra. L’altro tema al quale prestare molta attenzione è l’ambiente. A me dispiace molto che i lavoratori di Timac siano sospesi dalla loro attività lavorativa. Però io penso che stiano pagando l’inefficienza e l’indolenza di una gestione amministrativa verticistica che è stata in un certo senso arrogante, che non ha rispettato i patti».

 Lei spesso ha parlato di “pregiudizio socialista”: può spiegare meglio cosa intende. Cascella doveva unire il centrosinistra: pare che non ci sia riuscito. E lei?

«Il pregiudizio antisocialista l’ho vissuto sulla pelle, ma sono rimasto comunque delle stesse idee socialiste. Non sempre i socialisti si sono comportati bene nella storia politica italiana per le note vicende di tangentopoli. Ma io sono rimasto così com’ero. E comunque queste cose si pagano in politica, tant’è vero che il Partito socialista non esiste più in campo nazionale. Ma il problema della sinistra non è solo Italiano. C’è una perdita dell’identità della sinistra e Macron è un’espressione di questa perdita che si sta avendo in tutt’Europa. Perché la sinistra non sa più parlare alle persone, non ha più un’unità di progetto, non ha più una visione e quindi i politici come Macron sono stati capaci di sostituirsi a questa visione. La sinistra ha un vezzo molto antico e pericoloso: è capace solo di dividersi, di frammentarsi, come è accaduto anche in Italia dove vediamo la caduta del PD e degli altri partiti della sinistra che ripeto non sanno più parlare al cuore della gente. Io, nel mio piccolo, penso di riuscire ancora ad evocare questo sentimento di partecipazione e di amore nei confronti dei cittadini, indipendentemente dal loro colore, dal loro censo. Quanto a Cascella, ha commesso un errore importante e io glie l’ho ricordato in Consiglio comunale: non è stato capace di unificare la sinistra ma ha pensato solo alla sua poltrona. Non è riuscito nell’intento per cui è arrivato, mandato dalla politica di Roma, tant’è vero che oggi la sinistra non è più rappresentata dal PD, il quale non riesce più a proporre un progetto per la città. Anche se Dino Delvecchio è persona degna di rispetto, non è mio nemico ma un mio avversario politico e come presidente dell’Ordine l’ho sempre votato, per cui ho stima di lui, però credo che questa sinistra non sia più in grado di parlare alle persone e i risultati si vedono dal consenso elettorale che è in caduta libera».

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