Home breaking Crisi Coronavirus, gli esercenti barlettani in piazza pacificamente: «Chiediamo solo di lavorare»

Crisi Coronavirus, gli esercenti barlettani in piazza pacificamente: «Chiediamo solo di lavorare»

L'incontro è stato organizzato dalle associazioni APE, Confcommercio e Barletta Ricettiva

La calma è la virtù dei forti”: è stato questo il motto sotterraneo che ieri 29 ottobre ha guidato la manifestazione “pacifica” sita in Piazza Prefettura a Barletta. Organizzato dalle associazioni APE, Confcommercio esercenti e Barletta Ricettiva, l’incontro ha visto riuniti (nel pieno delle norme anti-Covid) alcuni operatori particolarmente colpiti dal decreto del 25 ottobre. Ristoratori, barman, pasticceri, titolari di bed and breakfast e altri rappresentanti dell’indotto dell’Horeca, a cui si sono affiancati titolari di palestre e operatori nell’ambito dello spettacolo, tutti in piazza pe reclamare i loro diritti, ma senza chiassate o manifestazioni di giubilo. Un incontro svolto in religioso silenzio, un silenzio però stridente e “rumoroso”, supportato dalla vista di striscioni bianchi su cui erano riportate richieste di aiuto e supporto, attraverso cui si implorava di non restare indifferenti e di non lasciare nulla al caso. «Ci sarà un incontro col Prefetto – ha spiegato Antonio Quarto, presidente di APE – cui chiederemo la proroga della Tosap, l’annullamento della Tari e speriamo che questa sia l’occasione per risolvere tutta una serie di problematiche che sono sul tavolo da anni: raccolta differenziata, ZTL e mobilità sostenibile per il centro storico, dehors e sicurezza, problema che è venuto fuori negli ultimi mesi».

A protestare pacificamente anche Antonio Fiorentino, titolare dell’osteria Bardulos: «Noi come ristoratori e rappresentanti del mondo Horeca qui a Barletta stiamo trovando difficoltà a lavorare solo a pranzo, chiudendo alle 18, perché abbiamo altre abitudini e il nostro lavoro si svolge principalmente di sera. Ci siamo adeguati alle disposizioni per rendere sicuri i nostri ambienti ma al di fuori si continuano a vedere assembramenti, ragazzini che restano per strada. A questo punto sarebbe meglio dare un orario di chiusura per tutte le attività e proporre un lockdown nazionale che va dalle 19 alle 6 di mattina, solo così potremmo riuscire a contrastare questa curva epidemiologica che cresce».

Dello stesso avviso Nicola Dagnello, titolare dell’american bar Nemesi: «La mia attività si svolge dalle 17 in poi, lavoro prevalentemente la sera. Per me chiudere alle 18 non ha senso, per il nostro settore non si lavora quindi aprire non vale a niente. Ho chiuso la mia attività e ho mandato a casa 10 collaboratori. Noi chiediamo di poter lavorare, anche con restrizioni, come stavamo facendo già prima, ma almeno portando a casa qualcosa. Non c’è coprifuoco, le persone continuano ad assembrarsi. A questo punto meglio che restino nei locali, che almeno sono più controllati».

Disagiante anche la situazione degli operatori dello spettacolo, di cui portavoce si è fatta l’attrice barlettana Michela Diviccaro, rappresentante del comparto cultura, formazione e spettacolo dal vivo. «Questa chiusura – ha riferito – che prevede anche la chiusura dei centri di formazione, quindi centri ricreativi, centri culturali oltre che le scuole di danza, che spesso ospitano in maniera interdisciplinare i laboratori di teatro e i laboratori di musica, è una chiusura che riguarda tutto il comparto, che non è soltanto fatto di teatro e cinema in quanto strutture ma anche di formazione e ricerca, che sono le fasi che precedono la messa in scena. Al momento noi non sappiamo di che sostenerci, in quanto professionisti sono le nostre uniche attività. Formiamo ragazzi, bambini, adulti amatori. Il problema erano le utenze già  a settembre, perché con tutti gli adeguamenti che sono stati fatti a norma di legge comunque ci sono stati pochi iscritti, le famiglie sono tutte più povere ed è una realtà che riguarda tutti noi lavoratori con le nostre famiglie, è una situazione che ha una ricaduta su ogni piano. Il nostro settore è stato il primo ad essere chiuso, erano state vietate le uscite didattiche e ora è stata vietata anche la formazione. Noi non sappiamo da domani come vivremo».

Una situazione drammatica per tutti dunque, che richiede scelte oculate e, se possibile, tempestività.

A cura di Carol Serafino

 

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