«Fra Barletta e Trani la contesa passa via mare. Se all’inizio del secolo scorso le due città si litigavano il richiamo patriottico della Disfida e relativo epitaffio in contrada Sant’Elia sul luogo storico dello scontro fra cavalieri, oggi è un (parimenti) antico, anzi molto più antico manufatto di legno a metterle in gara: il trabucco.
Mentre quello di Barletta, da destinare originariamente a sede del (molto) cosiddetto “Museo diffuso del Mare”, sorge su di una parte del molo di Levante che il Comune si è fatto affidare in concessione pubblica dall’Autorità portuale, senza scopo di lucro, durante l’amministrazione Cascella sotto la spinta emotiva – all’apparenza genuina ma rivelatasi finora effimera e propagandistica – che dalle travi annerite dell’ex storico trabucco (pensate che ve n’erano cinque in tutto il porto barlettano…, con un richiamo nella fiction 2015 “La Freccia del Suda” di Rai Uno dove si vede Pietro Mennea bambino in compagnia della sua amichetta) lo ha fatto risorgere. Ma solo grazie ai contributi regionali strombazzati e relative passerelle di consiglieri e codazzi politici fino all’attuale giunta Cannito. La quale, pur avendo diffuso un avviso pubblico per la sua vigilanza con relativa commissione giudicatrice ed un paio di manifestazioni d’interesse pervenute ed accolte da parte di chi si è proposto, tuttora lascia colpevolmente senza un soggetto “sorvegliante” il manufatto. Costato oltre 70.000 euro di pubblici denari…
I risultati di queste gravissima omissione e dalla penalità inflitta al Trabucco di Levante, da tantissimi giudicato un monumento allo spreco di risorse finanziarie pubbliche non controbilanciato da un reale e pratico utilizzo a scopo sociale o ricreativo o ludico o divertentistico (molti si fanno la fotografia o lo visitano di nascosto o addirittura c’è chi è stato sorpreso dalla Capitaneria e fare pesca abusiva), è che il “divieto di accesso” segnalato solo da cartelli viene sistematicamente violato con accessi abusivi.
Come si può vedere nelle immagini qui allegate: reti divelte, recinzioni messe da Barsa e rimosse a colpi di cesoie, catene con lucchetto (ma chi tiene la chiave?) con evidenti segni di tronchesi elettriche, infine ricettacolo di rifiuti all’interno di quell’area che dovrebbe teoricamente essere inviolata ed inviolabile. Ed il rischio, anzi il pericolo sempre incombente in assenza della minima sorveglianza che qualcuno ci vada ad appiccare un incendio: visto che in precedenza il trabucco che vi sorgeva dai tempi biblici dell’affidamento alla concessionaria privata è morto della stessa morte per mano di ignoti piromani incendiari…»
Nino Vinella, giornalista