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Eccidio di Barletta: la città commemora le vittime del massacro nel suo 78° anniversario

La celebrazione si è svolta alla presenza del sindaco Cosimo Cannito, del vice prefetto Bat Angelo Caccavone e della senatrice Assuntela Messina

“Anniversario” deriva dal latino anniversarius, termine composto da annus (anno) e vertere (volgere). Probabilmente è questo, dunque, quello che la ricorrenza annuale di un anniversario ci chiama a fare: volgere indietro il nostro sguardo, soffermarci lì dove la vita ci richiama sempre all’ordine, chiedendoci di fare un passo indietro come la leva di ritorno di una macchina da scrivere che si è spinta troppo avanti. Oggi Barletta, nel luogo evocativo di piazza Caduti, ha voluto quindi restituire più di un volto e più di una voce al Monumento che oggigiorno è un cimelio di raro valore, in memoria di quel 12 settembre del 1943 di cui ancora oggi le pareti dell’Ufficio postale detengono i segni. L’Eccidio di Barletta è stato una delle prime carneficine messe in atto dalle truppe tedesche in Italia, durante il quale a perdere la vita, barbaramente uccisi a colpi di mitragliatrice, furono trentaquattro civili (tra cui dieci vigili e due netturbini) e trentasette soldati, impegnati nella difesa della città. Alla presenza del primo cittadino Cosimo Cannito, del vice prefetto di Barletta Andria Trani Angelo Caccavone e della senatrice Assuntela Messina, è stato oggi commemorato il 78° anniversario di quel massacro, in un rigoroso e deferente silenzio che ha parlato per i presenti.

«Omaggiare le vittime del settembre 1943 e tributare loro il giusto ricordo è un dovere civile che non dovrà mai affievolirsi nel tempo. Ricucire, anche per brevissimi istanti, il presente con il passato non dovrà mai rappresentare un mero esercizio celebrativo, bensì l’invito ad amare e sostenere unanimemente la pace, bene insostituibile costato il sacrificio di tante vite umane. A loro dovremo sempre riconoscenza»: questa la considerazione del Sindaco, un invito per la comunità ad introiettare un ideale di pace come obiettivo e scopo comune, in modo che l’uomo “moderno” non usi a discapito dell’umanità i progressi del tempo, trasformandoli in demeriti. La speranza sottesa è che gli uomini del futuro possano essere (o diventare) uomini “nuovi”… uomini che non ripiombino nell’errore dei padri: “[…] Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore” (Uomo del mio tempo, Salvatore Quasimodo).

 

A cura di Carol Serafino

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