”Senza sport muore il futuro”, ricordiamo tutti la protesta delle società sportive barlettane sul degrado delle strutture cittadine? Ecco, da cinque anni a questa parte la situazione non è assolutamente migliorata, anzi è per molti aspetti peggiorata. Che non ci si accontenti della restituzione alla città dello stadio ”Puttilli”: dopo sette anni di quella che sarebbe dovuta essere una rapida ristrutturazione, avere una gradinata non agibile non rappresenta un compromesso, ma l’ennesima sconfitta della burocrazia e dell’impiantistica sportiva locale.

Non sarà questa l’occasione per parlare della ”telenovela” riguardante il ”Puttilli”, né di quella relativa al ”PalaBorgia”, eterno hub vaccinale della città restituito alle società sportive solo in questa estate. Sì, perché alle spinose questioni relative ai due impianti principali della città, si aggiunge il leitmotiv ormai costante della mancata concessione delle palestre scolastiche alle numerose società sportive di pallavolo, pallacanestro e calcio a 5. Pesanti ritardi accompagnano l’inizio di ogni stagione sportiva delle associazioni barlettane, che non possono né programmare con tranquillità, né iniziare le attività giovanili di avviamento allo sport.

”Carnefice” la solita burocrazia e le risposte, spesso troppo evasive, degli uffici comunali: un grido di aiuto all’unisono che arriva, ma ancor oggi disatteso. E allora quando ci domandiamo come mai i ragazzi non pratichino sport o come mai preferiscano frequentare la strada più che una palestra, chiediamoci al tempo stesso se vengano messi adeguatamente in condizione per farlo. Chiediamoci se la città abbia veramente voglia di crescere, chiediamoci se sia un convinto tramite tra società sportive e famiglie per mettere a disposizione le enormi potenzialità a livello di strutture di cui è dotata. Chiediamoci cosa si fa per questi ragazzi, cosa si possa dire ad un bambino che ha voglia di giocare a basket, pallavolo e futsal, ma non può farlo perché non ci sono autorizzazioni e concessioni. ”Senza sport muore il futuro”, mai slogan fu cinque anni fa più azzeccato. E’ il momento però di pensare esclusivamente ai fatti.

A cura di Giacomo Colaprice