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La comunità dell’ “Ambulatorio popolare di Barletta” contro il reiterato vandalismo di piazza Plebiscito

A ridosso del mare, del centro storico e delle mura del Paraticchio, anticamente si chiamava “il paniere del sabato” poichè vi era la fiera, il mercato di oggi. Al centro una grande ed alta statua della Madonna Immacolata, “a memoria del quesito referendario che si tenne a Barletta il 21 ottobre 1860, sulla proclamazione di Vittorio Emanuele II re d’Italia”. È questa la nota piazza Plebiscito a Barletta, che si presenta oggi come centro di aggregazione sociale grazie alla riqualificazione messa in atto dall’associazione Ambulatorio popolare di Barletta. Ma uno stagno biologico, panchine e una vasta aria verde, curata direttamente dai membri dell’organizzazione no-profit, non sono bastati per fermare gli episodi di vandalismo nell’area.

«In realtà il vandalismo a Barletta è diffuso nella maggior parte delle aree verdi -spiega Cosimo Matteucci, presidente dell’associazione-  chiaramente noi dell’Ambulatorio, considerata l’ubicazione della sede, abbiamo un riflettore in particolare su questa zona. Ciò che fa riflettere è che queste azioni partano soprattutto dai più giovani, mai controllati e neppure rimproverati dai propri genitori. Altra componente protagonista riguarda poi soggetti che probabilmente non accettano di buongrado il cambiamento positivo della piazza». Il crocevia di spaccio e prostituzione che caratterizzava piazza Plebiscito in passato infatti, è stato ormai da tempo sostituito da una rigogliosa flora e fauna, costituita da numerose piante ma anche da tartarughe, anatre ed altri pesci che vivono nello spazio dell’acquitrino, ma la cui vita viene interrotta sistematicamente dal lancio di pietre o talvolta persino da veleno versato nell’acqua.

«Ogni mattina facciamo la conta dei danni, e ogni mattina cerchiamo di porvi rimedio. – sottolinea ancora Matteucci- La violenza è tanta e sembra non finisce mai. Nel 2021 alcune tartarughe, tra l’altro donate alla nostra associazione, furono afferrate, estratte dall’acqua e lanciate in aria o contro le pietre del colonnato che sostiene la statua della Madonna, tra le risate e il divertimento squallido dell’autore e dei suoi compagni. Per non parlare dell’avvelenamento dello stagno che causò la morte di oltre 50 pesci e di moltissime piante acquatiche. Si è vista poi a dicembre 2022 la vandalizzazione di un intero filare di aiuole, tantissime piante spezzate, sradicate e fiori calpestati».  Molteplici perciò sono state le denunce contro ignoti depositate dall’associazione per i furti, i danneggiamenti e gli atti vandalici, insieme alle richieste di accesso alle immagini dell’impianto di videosorveglianza ed alla segnalazione alle autorità dei proprietari che non raccoglievano le deiezioni dei propri cani.

Ma niente ha potuto fermare gli orribili episodi che, ancora una volta, non sono potuti mancare anche nel 2023. “Nuovi sfregi in piazza Plebiscito” il titolo di un recente post di denuncia sulla pagina Facebook dell’ambulatorio, l’ennesimo. Le parole dei volontari sono questa volta piene di stanchezza: «Abbiamo adottato la piazza, abbiamo iniziato un’opera di riqualificazione totalmente a nostre spese. Avevamo da poco riseminato il prato comprando semi, terriccio, e concime e oggi, lunedì 29 maggio, abbiamo visto ulteriori sfregi sul verde. Sabato era tutto perfetto: difficile non pensare ad un ulteriore sfregio. Andremo avanti come sempre. La fatica però e tanta».

Non si tratta dunque della classica critica delle vecchie generazioni nei confronti delle nuove, ma di una vera e propria mancanza di civiltà e di rispetto verso il proprio territorio. «Mancano la cultura e il rispetto dei beni comuni -asserisce Cosimo Matteucci- se persino un bambino non conosce e non rispetta di conseguenza la bellezza di un fiore, significa che non c’è educazione. L’appello è a tutte le persone che invece hanno quei valori. Aiutateci a salvaguardare le aree verdi e tutte le vite che le abitano, non solo in Piazza Plebiscito ma in tutta la città. Aiutateci ad insegnare i valori umani più belli, in modo da poter anche solo sperare in una società migliore».

A cura di Francesca Caputo

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