Home cultura “Parole Chiare”, episodio 3: Attendere

“Parole Chiare”, episodio 3: Attendere

Altro appuntamento con la rubrica a cura di Chiara Fiorella

Come si definiscono i figli dei nostri amici? Cioè, su quale ramo dell’albero genealogico possiamo collocarli? Sono forse nipoti? O figliocci? O magari, per una volta, la lingua è superflua: non è necessario attribuire loro un nome, perché, di sicuro, sappiamo il posto che occupano nel nostro cuore. Quando Giovanna, l’amica con cui ho condiviso gioie, dolori, esami universitari, scarpe col tacco e vacanze squattrinate, mi ha comunicato di essere in attesa, ho sentito immediatamente di essere parte di un istante unico. E da quel momento, con lei, attendo.

Attendere, comunemente adoperato come sinonimo di aspettare, ha etimologicamente poco a che fare con il mettersi seduti, buoni e silenziosi, in attesa del proprio turno. Una parola che ci invita all’azione e rifugge la fissità, della prima metà del XIII sec., è un prestito latino da attendĕre che vuol dire ‘rivolgere l’attenzione’, composto da ad che significa ‘verso’ e da tendĕre, che indica un allungamento.

Con lo sguardo rivolto in avanti e facendo attenzione a non rimanere immobili, perché non sarà il futuro a venirci incontro. Lo psichiatra Eugène Minkowski individua nell’attesa il contrario dell’attività: «nell’attività tendiamo verso l’avvenire, nell’attesa, invece, viviamo per così dire il tempo in senso inverso; vediamo l’avvenire verso di noi e attendiamo che questo avvenire divenga presente». Non siamo stati messi al mondo per vivere al riparo dalla vita, non possiamo rimanere dove la nostra esistenza non prevede imprevisti. È per questo che l’attesa porta con sé la speranza, per illuminare il sentiero velato dell’avvenire.

Il poeta turco Nazim Hikmet scontò dodici anni di carcere perché accusato di propaganda comunista e complotto contro il governo, nella sua poesia I giorni sono sempre più brevi, scritta durante la prigionia, racconta il desiderio che accompagna l’attesa e la paura di un futuro perduto. I giorni sono sempre più brevi, le piogge cominceranno.
La mia porta, spalancata, ti ha atteso. Perché hai tardato tanto? Con l’animo rivolto all’avvenire, custodi di speranza.

 

Chi è Chiara Fiorella:
Chiara Fiorella, insegnante e copywriter, è laureata in Filologia moderna all’Università degli studi di Bari, Aldo Moro. Docente di Lettere presso la Scuola Superiore II grado.

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