Home Attualità Tina Arbues: ”Violenza di genere fenomeno culturale e radicato nella società”

Tina Arbues: ”Violenza di genere fenomeno culturale e radicato nella società”

Le parole della presidentessa dell'osservatorio ''Giulia e Rossella''

Un approccio verso un tema delicato e tremendamente attuale, quello della violenza di genere, che deve passare attraverso un cambiamento culturale all’interno della società e in cui ogni componente può e deve fare la sua parte per avviare un processo lento e di rinnovamento. Il pensiero di Tina Arbues, presidentessa dell’osservatorio ”Giulia e Rossella” che dal 1999 si occupa della prevenzione contro la violenza sulle donne,intervenuta ai nostri microfoni.

”L’ultimo episodio che ha coinvolto quelle povere ragazze nei pressi della Lega Navale-esordisce-è purtroppo pienamente inserito nelle dinamiche di un tipo di approccio sbagliato e irrispettoso nei confronti delle donne. Si è trattato di un atteggiamento violento, un tipo di approccio sessuale in cui si inseriscono anche i fischi o qualsiasi forma di aggressione verbale e fisica nei confronti del genere femminile. Questa è una forma di violenza e bisogna che la società prenda consapevolezza che non si può più sorvolare. Ogni aspetto può fare la differenza, a partire, nel caso di Barletta, dalla percezione di insicurezza che si ha quando si passeggia presso la litoranea o in altre zone poco luminose. Mettere presìdi di forze dell’ordine o contribuire alla riqualificazione di quell’area è preminente, in quanto non bisogna sentirsi in pericolo. Non bisogna lasciare sole queste ragazze”.

Nell’attualità si è parlato di società patriarcale e di maschilismo, oltre alle difficoltà da parte dell’uomo di ricevere un ”no” e accettare la fine di una relazione. ”Tutte cose assolutamente vere-prosegue-e io sono d’accordo con il pensiero espresso da Elena Cecchettin(sorella di Giulia vittima di femminicidio ndr), quando ha parlato di società patriarcale. Quando si parla di società patriarcale si affronta un tema storico e culturale, ma che è ancora ben radicato nella nostra epoca. Abbiamo fatto sicuramente tanto ed è migliorata la condizione delle donne negli ultimi decenni, ma questo non basta e bisogna che il fenomeno non venga sottovalutato. Nel caso della violenza che sfocia spesso nei femminicidi, quasi tutti i casi ci parlano di una difficoltà nell’accettare il rifiuto o la fine della relazione. Aggiungo che, oltre ad esserci il problema del ”no”, c’è anche il problema che, per alcuni uomini, questo coincide con la fine di un dominio nei confronti della donna. Non accettano che possa finire questa forma di controllo su di lei, non accettano che le donne escano da un equilibrio malato creato dal proprio partner e vadano avanti per la propria strada”.

L’Osservatorio Giulia e Rossella garantisce supporto costante, nonostante tutte le difficoltà. ”A volte ci sembra di mettere una goccia nell’oceano, ma siamo comunque contente di metterla e di andare avanti per la nostra strada. Cerchiamo di farlo attraverso un percorso graduale e costante che porti all’autodeterminazione delle donne, pur con tutte le limitazioni del caso dovute alla scarsità di fondi e alla scarsa attenzione delle istituzioni. Noi facciamo volontariato, ma è necessario che per affrontare questo problema si pensi a organizzazioni come la nostra con un approccio sociale da parte dello Stato. Non ci sono altri modi per combattere questo fenomeno, bisogna che tutti facciamo la nostra parte nel mettere le gocce per formare questo grande oceano. Le parole contano ma fino ad una certa, serve un lungo iter di consapevolezza che per noi deve partire già dalla tenera età. In tal senso abbiamo fatto incontri non solo con lavoratori, ma anche con bambini di scuole elementari: tutti quanti devono essere protagonisti di questo cambiamento”.

L’omicidio di Giulia Cecchettin è stato sicuramente un evento spartiacque e lo dimostra un incremento di interazioni con l’Osservatorio. ”Le chiamate verso l’Osservatorio ”Giulia e Rossella”-conclude-sono aumentate drasticamente. Molte donne ci hanno telefonato per chiedere informazioni, pareri sulla situazione e consigli per le scelte da intraprendere come quella di denunciare il proprio partner. Con alcune di loro abbiamo iniziato un lavoro che le possa guidare e non lasciare sole, con altre invece non siamo riusciti a dare continuità in quanto spesso anche le donne non hanno piena consapevolezza di quello che sta accadendo loro. Devo dire che, rispetto agli scorsi decenni, anche la Chiesa ha svolto un ruolo importante. Prima l’armonia della famiglia, a qualsiasi costo, veniva protetta, ora invece questo tipo di approccio sta finalmente venendo meno. Non ci fermeremo, nonostante tutte le avversità, e porteremo avanti questo nostro impegno: salvare vite umane è per noi l’obiettivo primario. Ci muoveremo con nuove iniziative, continuando a sensibilizzare. Abbiamo avuto per esempio l’occasione di conoscere e ospitare Matilde D’Errico, autrice del programma ‘Amore criminale’. E tanti incontri ci saranno ancora, continueremo a mettere la goccia nell’oceano”.

A cura di Giacomo Colaprice

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