Il consigliere regionale Ruggiero Mennea (Pd) ha presentato una mozione in merito alla campagna cerasicola 2016, che vede i coltivatori pugliesi in difficoltà a causa della “certificazione etica” richiesta dalla grande distribuzione per poter vendere il prodotto. È quanto previsto dalla cosiddetta “rete del lavoro agricolo di qualità”, partita il 15 settembre 2015.
«Ma ad oggi la rete – spiega Mennea – conta solo 200 aziende agricole iscritte nel territorio nazionale, che hanno ricevuto la relativa certificazione. Il motivo è legato a due fattori: l’iscrizione alla rete non è obbligatoria, ma facoltativa; inoltre per ottenere la certificazione occorrono minimo 60 giorni. Appare ampiamente evidente che, seppur un’azienda voglia iscriversi oggi, la certificazione ottenuta dopo circa 60 giorni sarebbe assolutamente incoerente con i tempi della raccolta delle ciliegie che dura in media 40-50 giorni l’anno. Ma in assenza di un obbligo, evidentemente, sono in molti ad aver scelto di non effettuare l’iscrizione. A questo punto la certificazione non può diventare una condizione rigida per accedere ai mercati, mettendo in ginocchio un settore che nelle sole province di Bari e Bat vuol dire 7mila aziende, 3 milioni di giornate lavorative e un giro d’affari da 100 milioni di euro. È giusto che tutte le aziende agricole osservino le leggi sulla regolarità contrattuale e sulla sicurezza del lavoro. Ma questo – sostiene – deve diventare un obbligo solo per le medie e grandi aziende agricole, escludendo quelle più piccole a conduzione familiare».
Per questo il consigliere Mennea, così come preannunciato al prefetto di Barletta e alle associazioni di categoria in un incontro nei giorni scorsi, ha presentato una mozione – indirizzata al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e alla giunta – perché si valuti la possibilità di chiedere al ministro dell’Agricoltura “una moratoria dei termini di iscrizione alla rete del lavoro agricolo” per le aziende che intendano adeguarsi. «Ma chiediamo alla gdo – prosegue – una maggiore flessibilità perché ci vuole tempo per accettare ‘culturalmente’ questo modello, oltre che per le oggettive difficoltà di accedervi a ridosso di questa campagna cerasicola. Va bene – conclude l’esponente del Pd in Consiglio regionale – regolamentare il mercato agroalimentare con regole etiche, ma questo va fatto con una massiccia campagna di sensibilizzazione e di adeguata informazione, distinguendo i produttori in base alle dimensioni delle aziende».