A cura di Stefania Ricatti

Il complesso mondo dell’autismo, pressoché misterioso e oscuro per gran parte di noi, è la fonte di ispirazione del docufilm “Una buona educazione”, che può essere considerato un documento umano, un focus sulle difficoltà nell’apprendimento e nella socialità di un ragazzo autistico e, al tempo stesso, rappresentare con scientificità i progressi e i benefici che una corretta educazione può apportare.

Dopo l’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha accolto il protagonista delle riprese, Lucas, e la sua famiglia, il docufilm è stato proiettato il 26 luglio presso il Caffè Letterario.

«Lucas è un ragazzo autistico di 16 anni che, prima di iniziare questo percorso educativo, aveva trascorso un anno in una “scuola speciale”, mostrando evidenti peggioramenti, tanto da dare l’impressione di essere un ragazzo autistico non verbale. – ha dichiarato l’autore del docufilm Savino Napoletano, insegnante di sostegno dell’istituto alberghiero “P. Verri” di Busto Arsizio e referente per l’autismo dello stesso istituto. -In realtà il suo linguaggio poteva venir fuori, c’era solo bisogno di un efficace metodo educativo.

Per cui abbiamo costruito un’aula Bes, un’aula per i bisogni educativi speciali, che consiste in un laboratorio, dove i ragazzi come Lucas si preparano al meglio per ritornare nella loro classe. L’utilizzo della tecnologia per la didattica mi ha dato l’idea di registrare il lavoro svolto durante otto mesi, un lavoro finalizzato a riconsegnare il ragazzo alla vita associata con insegnanti e compagni».

Un momento della proiezione del docufilm

Le riprese, realizzate con una microcamera “Gopro”, scelta appositamente per il suo essere poco invasiva, mostrano il percorso di Lucas dall’aula Bes al reintegro nella sua classe, le grandi conquiste prima a fianco dei suoi educatori e poi dei suoi compagni, dalla formulazione di frasi complete al controllo del proprio corpo in palestra. Una storia di successi, che mostra l’importanza dell’educazione nel limitare i danni della malattia e offre una riflessione sulla necessità di investire maggiormente per fare in modo che strutture come l’aula Bes siano costruite in tutta Italia.