Nelle ultime settimane aumentano sempre più gli incontri per esprimere le motivazioni a favore di una o dell’altra risposta in vista del 4 dicembre, data in cui si svolgerà il referendum costituzionale per decidere l’approvazione, o meno, della riforma Boschi-Renzi, principalmente sull’assetto istituzionale del Paese. Ricordiamo che non è richiesto per tale consultazione il raggiungimento del quorum (50%+1) come per i referendum abrogativi, ma la decisione sarà quella della maggioranza di coloro che si recheranno alle urne.
Ieri sera, presso un locale del centro di Barletta, si è incontrato nuovamente il Comitato per il NO, per esprimere le ragioni del dissenso a tale riforma. L’incontro è stato introdotto dal referente provinciale del Comitato, Cosimo D. Matteucci, per discutere su una deriva «Che conduce ad un premierato anche molto aggressivo, in barba al sistema democratico-parlamentare previsto dalla Costituzione». All’incontro hanno partecipato Enzo Di Salvatore, docente di Diritto costituzionale e co-fondatore del Coordinamento nazionale No Triv e Giuseppe D’Ambrosio, Deputato M5S, membro della Commissione Affari Costituzionali, cercando attraverso i loro interventi di ricostruire le motivazioni che dovrebbero spingere gli elettori ad esprimere un giudizio negativo. Il professore si è soffermato sulle motivazioni che avrebbero richiesto questa riforma, chiedendosi: «perché?»; queste risiederebbero nelle espressioni di volontà del contesto internazionale, già espresse da qualche anno, e in particolare, come ha spesso affermato lo stesso Presidente del Consiglio, è stata l’Europa a chiedercelo. Due sono i principali elementi su cui è necessario ragionare per decidere di scardinare questa riforma: la formazione del nuovo Senato, detto delle Regioni, e il rapporto tra Stato e queste ultime. Il Senato composto da consiglieri regionali e Sindaci andrebbe completamente contro le premesse democratiche già tracciate da Montesquieu sulle divisioni dei poteri in democrazia: i Sindaci che diventano legislatori, sarebbe come il controllato che diventa controllore. Le rappresentanze territoriali, ridotte rispetto ai giusti ambiti locali, potranno esprimersi nel nuovo Senato (composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 scelti dal Presidente della Repubblica) riguardo a materie che aumenteranno il contenzioso fra le due Camere, dovendo spesso ricorrere alla Corte Costituzionale per stabilire le reali competenze, non realizzando assolutamente quello propagandato dai sostenitori del SI cioè la riduzione dei tempi. Neanche i costi verranno ridotti, come affermato da Renzi per 500 milioni di euro, ma soltanto di 50 come ha ricordato la Corte dei Conti; l’elezione del Presidente della Repubblica verrebbe realizzata in maniera del tutto antidemocratica, anche per la coesistenza con la Legge elettorale detta Italicum, che verrà definita soltanto dopo il referendum.
«Si tratta di un salto nel buio», poiché non possiamo conoscere i reali risultati di questa riforma. L’on. D’ambrosio ha ribadito l’illegittimità di questo Parlamento, formatosi con il “porcellum”, che non doveva minimamente ipotizzare di cambiare addirittura la Carta Costituzionale, intervenendo su ben 41 articoli.