Proseguiamo con la nostra carrellata d’interviste per comprendere meglio la situazione politica barlettana, che è ormai alla fine di questa consigliatura e si appresta alle elezioni per il prossimo sindaco, subito dopo le elezioni Politiche. Per questo abbiamo incontrato il consigliere comunale di Sinistra Unita-Sinistra Italiana, Carmine Doronzo, eletto nel Direttivo nazionale di Sinistra Italiana, oggi all’opposizione dell’Amministrazione comunale di Cascella.

Anagraficamente vive la storia di un’altra sinistra, quella della Terza Repubblica, quella postcomunista: quali sono i valori che vi spingono ancora a lottare per le bandiere della Sinistra Italiana? Perché, secondo lei, il Partito Democratico non rappresenta queste volontà?

«Oggi si deve partire dal tema delle disuguaglianze sociali che attraversa le nostre coscienze, e per contrastarle c’è bisogno di darsi delle priorità: bisogna realizzare quello che anche un dettato della nostra Costituzione, cioè la ridistribuzione equa delle ricchezze e garantire una giustizia sociale, assicurando un’istruzione per tutti, sanità gratuita, garantire una casa e una vita dignitosa a chi per mille motivi si trova ad attraversare gravi difficoltà. Credo che oggi la sinistra di questo debba occuparsi, senza andare a rincorrere le grandi narrazioni, di cui la sinistra si è nutrita e anch’io; ma oggi bisogna più concretamente raccogliere i cocci di questa politica. Il PD non incarna questi valori, l’ha dimostrato dalla propria nascita, infatti personalmente non ho mai pensato di aderire a questo partito. Lo ha dimostrato anche con gli ultimi provvedimenti, pensiamo al Job Act, che di fatto ha ridotto i diritti dei lavoratori, alla Buona Scuola, che ha ulteriormente reso precari gli insegnanti, accentrando grandi poteri nelle mani dei Presidi. Il Partito Democratico non è sinistra, lo dimostrano tanti atteggiamenti».

A livello nazionale pare che anche Sinistra Italiana sarà parte del gruppo che sosterrà la candidatura a premier del Presidente Grasso. Buona parte del suo partito di riferimento proviene dalle fila della Rifondazione Comunista o comunque da formazioni politiche che si trovarono a sinistra degli allora DS: non le sembrerà strano oggi avere come leader, e a quanto detto rappresentante in Parlamento, lo stesso Massimo D’Alema che tanto scompiglio e odio generò proprio da sinistra?

«Fino a qualche mese fa, il principale obiettivo politico era quello di convincere quante più persone possibile facendo conoscere i nostri temi fondanti e spiegando che il PD non rappresenta quei valori. Oggi, non posso che accogliere favorevolmente il fatto che molti ex dirigenti del Partito Democratico abbiano deciso di abbandonare quel percorso, procedendo con noi. È evidente che non possiamo dimenticare le biografie politiche di ognuno. Anche personalmente avrei avuto remore nei confronti di D’Alema se non avesse appoggiato le ragioni del NO al referendum costituzionale del dicembre scorso, le altre scelte sono state conseguenti. Parlano i fatti: buona parte della dirigenza del PD ha deciso di uscire dall’esperienza di Governo, anche a discapito dei benefici di una rappresentanza parlamentare più certa. Nasce un quarto polo, inatteso rispetto a qualche mese fa e alternativo alle destre populiste e xenofobe, al M5S che strizza l’occhio alle riforme fiscali di Trump e a un PD che è sempre più una reunion di ex democristiani».25467622_10213244070429736_1964096272_o

Ha senso dividere il Partito democratico dalla sinistra? La Sicilia ha dimostrato che insieme non si vince. O basta stare all’opposizione?

«Non credo che la nostra sia una storia di opposizione, ma di scelte coraggiose; non si fanno le scelte solo per salire sul carro del vincitore, ma conta una coerenza politica soprattutto se ci si trova al Governo nazionale, di una Regione o di una Città. Il tema di oggi è proprio quello della chiarezza dei programmi. Per le elezioni siciliane ha giocato uno strano ruolo la legge elettorale, ma per le prossime elezioni parlamentari per cui la legge di fatto conta un buon proporzionale, al netto di tutte le critiche che egli si possono rivolgerle, si può dar battaglia più incisivamente».

Nel Consiglio comunale di Barletta avete anticipato gli eventi nazionali, separando le componenti: il PD ha detto che voi vi siete allontanati, voi avete detto che siete stati estromessi. Ci chiarisca la vicenda.

«I cittadini hanno già ben chiaro cosa è accaduto: seguendo un’impostazione determinata dalla politica nazionale, in una fase del renzismo galoppante, della teorizzazione del Partito della Nazione secondo la quale le forze minori di sinistra avrebbero dovuto convogliare unicamente nel PD. Ciò è ricaduto anche su diverse Amministrazioni locali. A Barletta, consiglieri comunali del centrodestra sono entrati in maggioranza, ex del M5S in Area Popolare, poi il rapporto ambiguo con il PSI. Il nostro atteggiamento è stato critico nei confronti di alcuni provvedimenti, in particolare sul DPP per il PUG, in cui abbiamo intravisto punti di criticità poco chiari, così abbiamo deciso di fermarne l’approvazione, anche perché non ci spiegavamo la necessità di approvare tra capo e collo il documento visto che di lì a pochi giorni sarebbe entrato in vigore il nuovo Piano Paesaggistico regionale. Questa nostra posizione è stata letta come un voler contrastare i programmi dell’Amministrazione Cascella e del PD. Di fatto è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, un vaso che era già colmo perché stava riproponendo le stesse situazioni, a cui c’eravamo opposti, dell’Amministrazione Maffei»

Lo sbaglio peggiore dell’Amministrazione Cascella? Perché l’esperienza con un uomo proveniente dalla storia della sinistra, non ha funzionato per lei e per la Campese?

«L’errore peggiore di Cascella è stato rispondere alle logiche spartitorie delle varie correnti del PD: lui non ha mai detto di no a queste abitudini, pur dichiarando sempre il contrario. Non sempre la qualità del contenuto dipende dal contenitore: quando abbiamo aperto il barattolo di Cascella ci siamo resi conto che la lunga esperienza romana, ha trasformato quello che era probabilmente di sinistra, in un uomo delle istituzioni, con tutti gli aspetti eccessivamente moderati del caso, rispondendo unicamente alle logiche del suo partito, in contrasto con quanto affermato in campagna elettorale».

Siete una parte storica della coalizione del centrosinistra barlettano: per le prossime elezioni amministrative sceglierete un vostro candidato sindaco per correre da soli? L’ipotesi delle Primarie di centrosinistra la escludete?

«Noi non facciamo più parte del centrosinistra, consideriamo questa esperienza, che ci ha visti coinvolti in passato, conclusa sia a livello nazionale che locale. La nostra attività politica si rivolgerà alla città tutta, comprese quelle realtà di società civile molto attiva; immagino una sorta di coalizione civica, che sappia mettere intorno a un tavolo tutte le esperienze sociali, imprenditoriali, associative che vogliono credere in questo progetto alternativo. Che la sinistra sia presente con i propri simboli non è importante, ma è fondamentale che ci sia con i propri valori. La classe politica barlettana di questi anni ha fallito, sbagliano gli altri partiti della coalizione di centrosinistra, come la Buona Politica, a cercare le Primarie, unicamente andando a rimorchio del PD. Serve un reset generale, un progetto alternativo».