«La Nuova via della seta (via marittima, o Silk of Road), è un’iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell’Eurasia. Come è noto e già annunciata dal presidente cinese Xi Jinping a settembre del 2013. E nello stesso anno, con la proposta di costituire la Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (AIIB), sarebbe stata dotata di un capitale di 100 miliardi di dollari USA, di cui la Cina come principale socio, (con un impegno pari a 29,8 miliardi), mentre gli altri paesi asiatici (tra cui l’India e la Russia) e l’Oceania avrebbero altri 45 miliardi. L’Italia si sarebbe impegnata a sottoscrivere una quota di 2,5 miliardi. Nel 2014 il Governo Cinese ha stanziato 40 miliardi di USD per il “Fondo Via della Seta”, per promuovere lo sviluppo della regione asiatica. Il fondo finanzierà i progetti di infrastrutture, sviluppo e cooperazione industriale tra i paesi lungo “Una Cintura, Una Via”. Nel 2017, durante l’OBOR Summit, il leader cinese Xi Jinping ha annunciato un aumento dei finanziamenti per il fondo pari a 100 miliardi di RMB.

Il Presidente della Cina, Xi Jinping, a conclusione del suo solenne discorso augurale del nuovo anno 2019, torna felicemente alla carica sulla Belt and Road. Infatti, “Continueremo a portare avanti la costruzione dell’Iniziativa Belt and Road e continueremo a sostenere lo sviluppo di una comunità in futuro, condiviso per l’umanità. E lavoreremo instancabilmente per un mondo prospero e bello. Mentre ci rallegriamo per il nuovo anno, abbracciamo il 2019 con fiducia e aspettativa. Do i miei migliori auguri alla Cina! E i miei migliori auguri al mondo! Grazie!”. E in Italia e in Europa quali gli scenari e lo stato dell’arte in questione?

Si dice che al grande cambiamento tecnologico, urgerebbe una nuova cultura, frutto dell’impatto degli assetti sociali, demografici, economici ed istituzionali a livello globale. In Italia si affacciano nuovi concetti (lo Smart Valley): superare la logica territoriale dei distretti industriali e delle smart cities. Tutta la portualità delle regioni meridionali potrà avere un ruolo decisivo grazie alla misura di sviluppo della Zona economica speciale (Zes). Alla portualità italiana sarebbe affidata un nuovo ruolo strategico nella disputa energetica del Mediterraneo ove si giocherebbero nuove sfide tra Europa, Russia, Israele e Paesi Arabi. Con l’epicentro di ritorno sull’Italia e la Puglia. In questi scenari, il Governo, intanto, riesce a prorogare di tre anni le trivellazioni in Puglia. Ma sul piano propriamente culturale, cosa c’è di nuovo dietro questi mutamenti sociali e produttivi? E sul piatto della bilancia propriamente culturale italiana, sulla strategia della Nuova Via della Seta, ovvero della belt and road? Possiamo prefigurare uno specifico progetto strategico culturale unitario sia di ambito meridionale, nazionale ed europeo? Patrimonio italiano storico dell’arte e turistico a parte, se l’Europa ha tagliato corto sul senso della storia e delle sue radici, quali però delle odierne portualità (le Zes)? Cosa unificava, le antiche città-stato, o meglio le città marinare sin dai tempi di Marco Polo? Passiamo intanto ad alcune autorevoli osservazioni inaugurali d’inizio anno.

“Il progetto del leader cinese Xi Jinping – secondo l’opinione del Corriere della Sera – si sarebbe allargato a dismisura, ma il ruolo della città di Marco Polo resta centrale: un’opportunità da cogliere. Per l’Italia, si tratterebbe di recuperare centralità non solo nei confronti della Cina – dove ci siamo trovati spesso più a rincorrere che a fare da guida – ma soprattutto in relazione a uno sviluppo chiave per il futuro delle relazioni con l’Asia. Quanto a Venezia, si lamenta sempre il degrado dovuto a una monocultura turistica devastante. Eppure resta un punto di contatto privilegiato verso Oriente. Farne il riferimento politico, amministrativo e commerciale del sistema Obor vorrebbe dire restituirla al suo ruolo storico, sviluppando al tempo stesso la sua vera via di salvezza, di centro di servizi avanzati con forte caratura internazionale. Oltretutto, Venezia non sarebbe per le sue caratteristiche in concorrenza con altre scelte, ma rappresenterebbe un valore aggiunto utile a tutti. Nella mappa che accompagnava la prima presentazione del progetto, Venezia appariva con chiara evidenza. Si sarebbe pensato che la risposta sarebbe stata immediata a livello di governo e invece non è successo granché, a parte qualche occasionale accenno, mentre Venezia non ha perso l’occasione di confermare la sua albagia” (cfr. Antonio Armellino. Corriere Della Sera, 1 gennaio 2019).

D’altra parte, alla luce di queste osservazione, in realtà questi tentativi di marciare a righe sparse, non gioverebbe a nessuna città marinara, né al Governo. Se il made in Italy, storicamente coincide con tutte le città Marinare dello Stivale, non sarebbe a dir poco provvidenziale proporre al governo idee progettuali intorno al forte rilievo storico e unitario di tutte le città marinare italiche? Il presidente Xi Jinping, non conoscerebbe forse meglio di noi italiani, e veneziani, il grande Marco Polo, veneziano, cristiano e ambasciatore della corte dell’imperatore Kublai Kan? Se Marco Polo e la vasta letteratura mondiale, siano considerati patrimonio culturale esclusivo di Venezia, non sarebbe meglio farci dettare dallo stesso presidente Xi Jinping, il proprio autorevole punto di vista sulla via della seta e delle città marinare italiche fino al Cathaio cinese?

Se in Italia venisse per caso un qualche ambasciatore cinese, attento alle identità culturali delle città marinare e dell’Europa cristiana, non faremmo forse dono dei nostri libri, che il comune di Barletta respinge? E non gli faremmo anche dono onorifico con il Premio 2019 Barletta Città marinara, già indetto e insignito nel 2015 al sindaco di Barletta, alle decine di istituzioni politiche e marittime, ad autorità politiche nazionali, europee, ad associazioni culturali e imprenditoriali? Se il Presidente della Repubblica italiana, attende ancora le pratiche per l’onorifico riconoscimento di Barletta città a identità storica e culturale (grazie a quanto ci ha comunicato il prestigioso Ministero Mibact), la dormizio del sindaco e dirigente alla cultura è forse più autorevole? Insomma, abbiamo una nostra chiara lettura storico culturale sullo sviluppo della via della seta italiana ed europea? Oppure sarebbe solo cinese? Come le istituzioni territoriali nazionali sinora si sono atteggiate su queste importanti problematiche?

E’ vero che l’Italia deve avere un ruolo nel Mediterraneo, se la portualità ne indicasse la strada, allo stesso modo si dovrebbe cercarne un’altra per uscire dalla cultura della violenza. Da Pechino a Roma e forse a Washinton, in questi giorni numerosi bambini sono stati oggetti di tenebrose violenze da parte degli adulti e forse anche di ragazzini un po’ più grandicelli. Ci si chiede, di quale identità viva e si nutrirebbe il mondo d’oggi e l’Europa. Nonostante, l’ormai storica e grande testimonianza apostolica di Papa Giovanni II, con le conferenze episcopali d’Europa (2003), perché l’Europa da tempo non avrebbe chiare radici cristiane? Dove altro ci condurrebbero – direbbe oggi papa Francesco – le nuove forme di colonizzazione ideologiche? Dopo la crisi della società delle nazioni (dalla I Guerra mondiale, alla Conferenza Internazionale dell’Onu del 1994 in Egitto e del 1995 a Pechino) pare si sia impennata quella di Babele delle nazioni e popoli, che avrebbe oscurato il cielo della storia. Forse il Padre Eterno e gli uomini di buona volontà, non avrebbero più futuri e credibili progetti?

Afferma Papa Francesco al Corpo diplomatico per gli auguri di buon anno: “Nella nostra epoca, preoccupa il riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali”.

Convinti che ove abbonda la cultura del vero perdono, sovrabbondi la grazia di una provvidenziale pace per tutti, ritorniamo con Marco Polo sulla via della seta. Senza abbandonare l’itinerario di sette secoli di storia delle città marinare italiche, con “Barletta di Puglia” (come si evince dai manuali delle mercature) dal XIII-XIV, evidenziando come la mitica via sia appannaggio dell’Italia e dell’Europa. Inoltre, sarebbe opportuna una prima lettura unitaria di tutte le città marinare (sia Bizantine che del Papato) nei loro aspetti istituzionali, e funzioni delle complesse mercanzie. Il tutto frutto di un paio di nostre inedite monografie che saranno prossimamente commentate: Volume I: Storia di Barletta città marinara, tra le grandi ex repubbliche dal XII al XIX secolo. Volume II: La Via della seta Italiana ed europea dal XIII al XIV secolo: Da Marco Polo alle Mercature».

Dott. Nicola Palmitessa (Centro studi: La Cittadella Innova)