Stella Mele

«Devono aver procurato irritazione, e non poca, le mie riflessioni sulla condotta politica dei sette consiglieri comunali firmatari del documento – questa l’amara replica della consigliere comunale Stella Mele al gruppo di consiglieri di maggioranza che avrebbero tradito patto civico, con la loro nota a favore di Michele Emiliano e, soprattutto, Filippo Caracciolo per le prossime elezioni regionali – con il quale gettano definitivamente la maschera e che, simpaticamente, mi definiscono “Alice nel paese delle meraviglie”.

Accolgo con gioia questa definizione perché mi consente di meglio perfezionarla con quella di “Biancaneve e i sette nani”. Infatti, non si comprende bene per quale ragione i sette firmatari di un documento politicamente scorretto ed istituzionalmente sbagliato, non abbiano approfittato della replica per spiegare ai cittadini i motivi della inopportuna condotta, ma abbiano invece optato per un’arringa di bassa caratura, al pari della loro statura morale, con la quale verrebbero rimproverate alla sottoscritta un paio di questioni.

Infatti, nelle loro contorte parole e nel vano tentativo di arrampicarsi agli specchi, mi si “rimprovererebbe” di far parte di una lista civica (una coalizione civica esclude la possibilità di presentare simboli di partito), la cui composizione oltre ad essere stata la sintesi fra diversi coordinamenti, al fine di rafforzare le liste che scesero in campo in campagna elettorale, fu la più naturale e logica conseguenza della scelta maturata all’interno di un’intera area che insieme decise di aderire ad un progetto civico, perché animata dalla volontà di aprirsi a quella parte di società civile che, legittimamente, spesso non si riconosce nei partiti e che in Cannito vedeva un’alternativa al Pd, ma soprattutto per evitare, attraverso i simboli, interferenze ed esigenze partititiche che spesso sono state confliggenti con i reali interessi della Città (fin troppo martoriata dai rapporti di forza dei partiti che l’hanno amministrata negli anni). L’elettorato, che è sempre sovrano, non a caso premiò quella scelta ed anche chi scrive.

Mi chiedo quale anomalia, quindi, i sig.ri consiglieri ravviserebbero nella decisione di chi, come me, ha inteso fare squadra insieme al resto dell’area di riferimento alla quale appartengo da sempre e che vedeva solo la Lega non voler aderire alla “coalizione del buon governo” (legittima scelta, questa, di quel partito). L’anomalia si riscontra, invece, in tutta la sua implacabile evidenza in chi, forse in odore di sconfitta, abbandonava il partito (alla cui vita politica partecipa), quello del Pd, che pure gareggiava con il simbolo, ma in altra coalizione. Quello stesso partito che oggi dai banchi della maggioranza dicono di dover sostenere. Siamo all’ultima tangibile fedele interpretazione del noto romanzo pirandelliano: “Uno, nessuno e centomila”! Gli eventi, infatti, compreso quello che ha visto i consiglieri comunali Sabino Dicataldo, Pino Rizzi, Ruggiero Dicorato, Adelaide Spinazzola, Vincenzo Laforgia, Luigi Dimonte e Massimo Spinazzola (e i tre assessori Ruggiero Passero, Graziana Carbone e Maria Anna Salvemini), gettare la maschera nel vano e scorretto tentativo di politicizzare l’intera amministrazione, sono noti a tutti.

Fatta questa doverosa precisazione, colgo l’occasione per ringraziare i consiglieri che, nella loro replica, con lo stile poco edificante che sempre più li contraddistingue, si sono avventurati in un insensato riferimento ai “gettoni”. Quali? Fermo restando che la sottoscritta risulta essere, in tutta la maggioranza, forse la sola consigliera comunale ad aver rifiutato ogni tipo di spartizione, da quella relativa ai revisori dei conti a quella dei consiglieri di amministrazione nei vari enti, passando per una nomina assessorile offertami, più volte, dal Sindaco (anch’essa rifiutata) e che di “gettoni” me ne avrebbe riconosciuti 2.500, ho il dovere di rispedire ai mittenti l’infelice falsa dichiarazione. Tuttavia, li ringrazio per avermi dato la possibilità di evidenziare, per dovere di cronaca e per chiarezza di informazioni, quanto su 32 consiglieri comunali, sempre la sottoscritta, sia terzultima per “compensi e rimborsi spese” a carico del Comune, con un importo medio di scarsi 200 euro mensili, a differenza di “chi”, invece, occupa i primi posti nella classifica dei “gettoni”. Chiarita la falsità che qualifica i protagonisti di questa vicenda, nessuno dei quali (non a caso), animato negli anni da un vero e proprio impegno civico che abbia coinciso con un’autentica passione politica, tale da renderli conoscibili e riconoscibili agli occhi della città, resta l’impellente necessità di riportare l’attenzione su come essi siano venuti meno al patto con la coalizione e con gli elettori.

Pacta sunt servanda”, recita l’antico brocardo latino, “i patti si devono rispettare”. È l’ammonimento alla base della politica e del diritto romano e quindi della nostra società. Quel documento, infatti, li colloca non solo nella categoria dei “quaquaraquà” (coloro che notoriamente vengono meno alla parola data), ma anche in una parte di campo che la coalizione ha combattuto, scegliendo di essere alternativa al Pd che, ribadisco, gareggiava in altra coalizione. Partito che quindi, si potrebbe dire, conta in giunta i tre assessori firmatari? Sarebbe opportuno conoscere il pensiero del Sindaco in merito a questa vicenda che lo relega in una evidente posizione di imbarazzo, rispetto alla quale sappiamo solo che non abbia condiviso, giustamente, l’infausta scelta del Presidente del Consiglio comunale e degli assessori che vi hanno apposto la loro firma. Che un manipolo di consiglieri comunali, infatti, dica di prendere le distanze dalla sottoscritta (ironia della sorte! Ma comunque per me una medaglia al valore!) nelle dinamiche del confronto e della dialettica politica ci può anche stare, ma che a dichiarare di prendere le distanze da una consigliera Comunale siano un Presidente del Consiglio e tre assessori, mi pare un errore istituzionale da principianti della politica. Grave, anzi gravissimo. Non starò, infatti, qui a ribadire i doveri ai quali il Presidente del Consiglio comunale deve assolvere (e neppure quelli ai quali sono chiamati gli assessori), mi limito, per il momento, solo ad evidenziarne lo scorretto ed inappropriato svolgimento del ruolo.

Precisato quanto premesso, credo che sia giunta l’ora di fare chiarezza all’interno di questa Amministrazione. Si abbia la lealtà di parlare alla città che certamente non ha scelto di essere guidata dal Pd e la dignità di mollare le prebende e di passare nel partito che (legittimamente) hanno scelto di sostenere, il cui simbolo peró è ben presente in Consiglio comunale fra i banchi dell’opposizione… sempre in attesa che il Sindaco ci spieghi se la nomina dell’assessore Salvemini e poi quella della sorella dell’assessore Salvemini, oltre ad aver offeso il principio stesso per il quale la si nominava (quello della ”quota rosa”, ma anche quello del più naturale dei diritti in capo alle liste prive di rappresentatività in giunta), sia stato il frutto di pressioni politiche esterne. Dei tanti interrogativi, contano i fatti e le certezze. E l’unica certezza, è l’aver preso atto di un documento con il quale si mira, artatamente, a far venire meno la natura civica di un progetto per la Città che avrebbe dovuto essere scevro da pressioni e interferenze esterne ed estranee alla maggioranza. Nemmeno Mammolo, Eolo, Dotto, Brontolo, Pisolo, Gongolo e Cucciolo sarebbero venuti così miseramente meno ad un impegno assunto».