«Il Consiglio comunale del 17 dicembre ha certificato l’assenza dei numeri a sostegno della maggioranza di centrodestra che guida la nostra città sul cosiddetto “Piano Casa” e sulle famose “B5”. Nonostante l’urgenza manifestata per l’adozione di entrambi i provvedimenti e senza passare attraverso la competente commissione consiliare (ingessata da mesi), diversi consiglieri di maggioranza hanno pensato bene di disertare l’aula anche per presunte incompatibilità. Subito dopo, i capigruppo di centrodestra hanno diffuso una nota accusando le opposizioni di “irresponsabilità nei confronti degli interessi della comunità” per non aver garantito i numeri necessari. La vicenda – scrive il segretario Pd avv. Cosimo Bruno in una nota – ha mostrato le crepe di una coalizione sempre più divisa. Dietro la mancata presenza in aula, infatti, si celano tensioni legate alle recenti elezioni regionali.
A nulla è servito il lento appello organizzato dal presidente del Consiglio comunale per guadagnare tempo nella speranza che qualcuno rientrasse in aula. La seduta è caduta sul vuoto lasciato da chi avrebbe dovuto garantire il corretto svolgimento dei lavori. Il clima in aula riflette anni di instabilità ed equilibri politici precari. E questo accade a danno dei cittadini barlettani che, da decenni, sono costretti ad assistere a discussioni sterili ed alla mancanza di determinazione per l’adozione di un nuovo piano urbanistico generale che ridisegni il volto di una Barletta più moderna» prosegue Bruno.
«Chiedere all’opposizione di restare in aula per mantenere il numero legale ci sembra una vera e propria ammissione di fallimento. Un’ammissione di fallimento che dovrebbe avere un solo esito: le dimissioni di un Sindaco che vuole “migliorare” la qualità della vita dei suoi cittadini con una colata di cemento targata B5. Ma su una cosa si può essere certi: quelle dimissioni non arriveranno mai. Ha sottoscritto un patto di potere per rimanere in carica fino al 2027,quel patto scricchiola, non ha i numeri e chiede soccorso. Fosse per una giusta causa, l’appello, quantomeno potrebbe essere ascoltato. Ma così è cosa che non si può neppure sentire!», ha concluso Bruno.



































