Prima tappa di Cafè Finanziario, rubrica economica curata da Nicola Cascella con lo scopo di analizzare le complesse dinamiche del mondo dell’economia e della finanza in modo oggettivo accessibile ai non addetti ai lavori. Mercati finanziari, dinamiche economiche, iniziative politiche. Che impatto hanno sulla vita di tutti i giorni? Il mondo finanziario visto con gli occhi dell’esperto, raccontato con la voce del cittadino.

Il 17 Aprile 2016 i cittadini italiani saranno chiamati a decidere se abrogare il comma 239 della c.d. “Legge di Stabilità 2016”, che concede alle compagnie petrolifere la facoltà di estrarre idrocarburi entro dodici miglia dalla costa, senza alcun limite di tempo. In sostanza non ci verrà chiesto se siamo pro o contro le estrazioni di petrolio in mare, ma se siamo favorevoli o contrari a delle concessioni che non abbiano limiti di tempo.

E’ importante chiarire che prima dell’approvazione della Legge di Stabilità 2016, tali concessioni erano soggette ad un limite temporale di 30anni, prorogabile per periodi limitati.

Riassumendo, il referendum avrà come oggetto:

  • il ripristino temporale delle concessioni per le attività di estrazione in mare;
  • le sole attività entro dodici miglia dalla costa.

Le attività di estrazione su terra e quelle oltre le dodici miglia dalla costa non saranno dunque oggetto del quesito referendario.

Con la vittoria del “SI” si bloccherebbero le attività di estrazione in mare?

Assolutamente no. Le attività di estrazione entro le dodici miglia continuerebbero fino al termine della concessione inizialmente accordato.
Le attività oltre le dodici miglia, non essendo oggetto di referendum, continueranno ad essere regolate secondo la norma vigente.

Quale ripercussioni sui posti di lavoro avrebbe una vittoria del “SI” o del “NO”?

In caso di vittoria del “SI” , nel breve periodo l’impatto sarebbe nullo. Come detto, le attività di estrazione entro le dodici miglia continuerebbero fino allo scadere della concessione. Tuttavia nel medio/lungo periodo effettivamente si assisterebbe ad una diminuzione di posti di lavoro, migliaia secondo i sostenitori del “NO”. A tal proposito i sostenitori del “SI” ridimensionano fortemente tali cifre, affermando inoltre che le attività di messa in sicurezza e smantellamento degli impianti creerebbe decisamente più posti di lavoro.

Qual è la situazione attuale dal punto di vista economico?
Ad oggi il contributo delle attività di estrazione entro le dodici miglia rappresenta l’ 1% del nostro fabbisogno nazionale di petrolio, e il 3% di quello di gas. Senza voler annoiare i lettori con le statistiche, sono cifre che inciderebbero marginalmente sull’assetto del nostro fabbisogno energetico, sebbene è sempre auspicabile una minore dipendenza energetica dall’estero.

Cosa ci guadagna lo Stato Italiano?
Sostanzialmente, a fronte delle concessioni ricevute, le società petrolifere pagano delle c.d. royalties, ossia una percentuale annua sul valore delle estrazioni.

Nello specifico, l’introito rappresentato dalle royalties dipende:

  • Dalla quantità di petrolio e/o gas estratta
  • Dal prezzo medio di mercato di queste materie prime chiamate commodities.

Tuttavia, tali royalties sono oggetto di polemica in quanto:

  • Sono tra le più basse al mondo (rispettivamente 7% e 10% per petrolio e gas estratto in mare)
  • Prevedono una franchigia: ogni anno sulle prime 50mila tonnellate di petrolio e sui primi 80milioni di gas estratti in mare non si paga nulla. Sono “GRATIS”.

Quali sarebbero le implicazioni?

La franchigia crea delle asimmetrie ponendo due problemi non trascurabili.

  • Come detto il valore delle royalties dipende dal prezzo di mercato delle materie prime estratte.
    Da Luglio 2015 a Febbraio 2016, in soli sette mesi, la sovrapproduzione a livello mondiale ha causato un crollo del prezzo del petrolio di circa il 60%, con conseguente impatto negativo sulle royalties ricevute dallo Stato.

 

  • Il punto più delicato, e più direttamente riconducibile al referendum in questione, è tuttavia il seguente: una volta esaurito il giacimento, la legge prevede che la compagnia petrolifera provveda allo smantellamento delle piattaforme e delle strutture legate all’estrazione in mare.
    I costi riconducibili a tali attività sono imputabili alle compagnie estrattrici. Parliamo di costi non trascurabili naturalmente.
    Ora, in assenza di un limite temporale alle concessioni, come nel caso di vittoria del “NO”, nulla vieterebbe alle compagnie di estrarre una minima quantità di petrolio o gas, magari inferiore alla franchigia in modo tale da:

    • Non pagare alcuna royalty allo Stato Italiano
    • Non provvedere allo smantellamento delle strutture con contestuale esborso di decine di milioni di euro.

In economia questo comportamento è chiamato Moral Hazard.

Considerazioni economiche a parte, penso che si possa convenire su un punto: non capita spesso di essere chiamati a decidere le sorti del nostro Paese.  Siamo da troppo tempo abituati a puntare il dito contro la classe politica, le istituzioni, o persino la sorte. Per una volta, assumiamoci la responsabilità delle nostre azioni. ANDIAMO A VOTARE!!

 

 LA BIO:

Nicola Cascella nasce a Barletta nel 1985. Campione italiano assoluto dei 400 metri a ostacoli negli anni 2008 e 2009, veste più volte la maglia azzurra della Nazionale Italiana in Coppa Europa, Universiadi, Giochi del Mediterraneo e Campionati Mondiali Junior. Laureato in Economia e un MBA all’Università di Roma Tor Vergata, Nicola Cascella si trasferisce all’estero tra Francia, Belgio, Lussemburgo, lavorando nel mondo della finanza come analista finanziario e gestore patrimoniale. Nel 2015, Nicola ha conseguito la prestigiosa certificazione CFA dall’associazione americana CFA Institute.