Un capo carismatico ma sorridente, dolce ma con un carattere fermo, che ogni giorno confida nella Provvidenza. E’ il ritratto di Luca Fortunato, 35enne barlettano da 20 anni impegnato nel sociale: un percorso partito dall’Unitalsi di Barletta, passato per Francia, Spagna, Zambia fino al ritorno in Italia, dalle Langhe piemontesi fino all’Abruzzo. Oggi Luca coordina la Capanna di Betlemme di Chieti, casa di accoglienza per persone senza fissa dimora e con handicap psichici. Un’esperienza di vita forte, raccontata in un incontro a cuore aperto tra le mura della libreria Cialuna. «Vivo con 55 signori, fra i 50 e i 70 anni, il cui dramma in molti casi è di aver perso il lavoro. Mancano loro pochi anni alla pensione e non riescono a riqualificarsi; li abbiamo conosciuti per strada e gli abbiamo proposto di venire a stare da noi».

Ma cos’è la misericordia che rende famiglia? «E’ l’accettazione di un limite, di uno sbaglio, delle proprie origini. Qualche giorno fa stavo pensando a come impostare il discorso da sostenere questa sera (venerdì, ndr) e lo facevo mentre rientravo in motorino dalla solita partita di calcetto del lunedì. Ho deciso di cambiare percorso per incrociare un senzatetto di Chieti, un certo Bruno, che vive sotto un ponte. Passando di lì, Bruno mi ha riempito di parolacce, era visibilmente ubriaco: mi chiese chi mi avesse mandato. E io gli risposi: Gesù. E lui replicò dicendo che era stato picchiato tre giorni prima ed era bloccato, impossibilitato a muoversi e mangiare. Bruno ora è a casa con noi».

Luca Fortunato, misericordia che rende famiglia

La caratteristica delle Capanne è la condivisione. Le ha volute così don Oreste Benzi, il fondatore della Papa Giovanni, e anche dopo la sua morte niente è cambiato nello spirito di accoglienza che le caratterizza. 67.511 notti di accoglienza sono vissute in condivisione nel 2015 a Milano, Cuneo, Bologna, Forlì, Rimini e Chieti. Le mense di strada di Roma, Torino e Milano dispensano un totale di 30.680 pasti all’anno.«Poteva sembrare una follia-spiega Luca-è bello accogliere persone, ma poi come le mantieni? Per fortuna l’associazione all’epoca mi ha dato la possibilità di gestire questa casa, che ho chiamato la Capanna di Betlemme. Il nome nasce dalla storia di una coppia del posto, con una donna prossima al parto che non era stata accolta in un hotel della zona. In tanti da giovani abbiamo ragionato così: ci muovevamo da egoisti, anche io ragionavo così».

Luca Fortunato
Luca Fortunato

Sono sette le Capanne di Betlemme create in Italia da don Benzi, celebre fondatore della Comunità “Papa Giovanni XXIII”. «Si vive insieme, ci dividiamo lavoro, pasti, vita sociale. C’è questo stile di vita che io definisco familiare: io vivo lì 24 ore su 24. E’ un modo di reinventare la quotidianità ».  A Barletta Luca è stato accompagnato da due “fratelli”, come li chiama lui: due ragazzi che vivevano in strada, uno a Foggia e l’altro a Roma. «Quando l’ho conosciuto, Giancarlo era solo come un cane, aveva una sua casa ma voleva stare con noi in comunità: lì ha avuto il via il suo percorso di amicizia con noi. Antonio, invece, gestiva un parcheggio in stazione ». Una vita da film, per molti: «Sono legato a una scena del film La Ricerca della Felicità, con Will Smith: è quella in cui lui dorme in un bagno pubblico con suo figlio. Una persona così l’ho conosciuta davvero: si chiama Ilaria ed è di Foggia. Dormiva nel bagno della stazione di Pescara, ed ero certo che l’avrei subito aiutata. L’aver accolto Ilaria in casa è stato un atto di gioia». E’ la storia di una quotidianità particolare, vissuta donandosi all’altro, ma con lieve ironia:  «Per me è difficile trovare moglie, ho un pacchetto famiglia di 6/7 persone che fa parte della mia esistenza. Sono in pace con il mondo, sono persone che danno senso alla vita».