«Poco meno di un mese fa il consigliere regionale Ruggiero Mennea, nel corso di una intervista televisiva, poiché il sindaco dava la colpa dell’immobilismo dell’Amministrazione ai suoi assessori e ai suoi dirigenti, lo invitata ad abbandonare la guida della città e a tornarsene a Roma». Questa la riflessione di Gennaro Calabrese, consigliere comunale eletto nella lista civica del Sindaco, ma ora all’opposizione di Cascella. «Per non dire dei ripetuti attacchi venuti dagli esponenti del Centro destra sulla opportunità che rassegnasse le dimissioni; ma qui è facile obiettare che si tratta della opposizione dalla quale questi inviti sono piuttosto prevedibili. Ma il 4 dicembre ad attaccare frontalmente il sindaco è stato un esponente dell’area di sinistra (il PSI è all’opposizione, ndr), Cosimo Cannito, il quale, senza tanti complimenti, invitava il sindaco a “smettere di tirare a campare”. E se la colpa era – a suo dire – di alcuni esponenti politici, che osteggiavano la sua azione amministrativa, lo invitava a denunciarli pubblicamente.

Gennaro Calabrese, consigliere comunale
Gennaro Calabrese, consigliere comunale

Ma il colmo erano le dichiarazioni del consigliere regionale Filippo Caracciolo (a cui molti attribuiscono la colpa di sostenere questa Amministrazione) sulla Gazzetta di domenica 11 dicembre secondo il quale – “premesso che il sindaco è un galantuomo, bisogna però onestamente riconoscere che ha fallito il suo mandato perché non è stato in grado di impostare il lavoro amministrativo da svolgere, tanto meno di realizzarlo”. Che questa Amministrazione sia priva di una capacità organizzativa, è sotto gli occhi di tutti, così come è altrettanto scontato l’atteggiamento del sindaco che anziché farsi l’esame di coscienza sulle sue responsabilità, tende sempre a scaricarle sugli altri. Parole dure, quelle di Caracciolo, il maggiore esponente della maggioranza che sostiene questa Amministrazione. Ma che non portano allo scioglimento prematuro della Consiliatura. E qui Caracciolo – responsabilmente – tra le due strade che si aprono sullo scenario dell’imminente futuro (cioè lo scioglimento del Consiglio oppure il tentativo di una sia pur tardiva composizione della crisi) dichiara – per il suo partito – di non volersi assumere la responsabilità della caduta dell’Amministrazione, ma rivolge l’invito ai partiti della coalizione di farsi carico, come coalizione, della responsabilità della decisione, se cioè far cadere la Giunta oppure tentare di proseguire.

Proseguire, già, ma a quali condizioni? Caracciolo formula delle proposte di cambiamento che però per essere attendibili dovrebbero comportare il confronto del sindaco con i partiti e con le forze politiche presenti in Consiglio Comunale, senza dire della necessità di un maggior rispetto verso i pareri delle Commissioni Consiliari (a proposito delle quali la frase più ricorrente è questa: “per quel che contano!”). Ma come ci si può illudere, dopo tanti inutili tentativi, che il sindaco cambi atteggiamento e diventi improvvisamente democratico? Si parla di programmi e di responsabilizzazione degli assessori e dei dirigenti, mentre sappiamo tutti che Cascella mal tollera di avere consigli e suggerimenti né dagli uni né dagli altri, e in generale da tutti quelli che non la pensano come lui, perché refrattario verso qualsiasi opinione difforme dalla sua, contro cui oppone spesso anche violente reazioni. Perché questo, secondo me, è il vero nodo della crisi in atto, fin dai primi tempi del suo insediamento a Palazzo di Città, cioè prima ancora dei limiti dell’inesperienza politica, quelli caratteriali, nel senso che non dà all’interlocutore la possibilità di fare delle proposte, perché lui sa tutto (anche quando sbaglia), lui decide per tutti ed essendo prevenuto contro tutti, mal sopporta qualsiasi suggerimento. E dunque quanto alla autonomia operativa degli assessori e dei dirigenti, come alle proposte fatte nelle commissioni consiliari, neanche a parlarne. E allora Caracciolo di che stiamo parlando? Perché illuderti e illuderci? Insomma, se dobbiamo accettare l’orientamento che il sindaco termini la sua amministrazione, a qualsiasi costo, dobbiamo anche sapere che non ci sono possibilità che modifichino il suo atteggiamento, umano e caratteriale prima che politico, dettato da una visione del potere verticistica e assolutistica. Ciccio Salerno, la Gazzetta del Mezzogiorno qualche volta l’ha chiamato “re Francesco” (ma almeno si faceva assolvere per i risultati della sua azione amministrativa). E questo sindaco come lo chiameremo? Sua maestà Pasquale? Immagino che il sindaco, se leggerà questo intervento, insofferente com’è ad ogni critica, andrà su tutte le furie. Poiché però ci ha tolto ogni prerogativa di contare in qualche modo nella vita amministrativa della città, almeno ci sia consentito di esprimere in piena libertà il nostro pensiero. O è chiedere troppo?

Da ultimo, un invito al PD. Prima di andare ancora più a fondo nei sondaggi, è tempo di cominciare a guardarsi intorno per preparare un’alternativa; ma per carità, che non ci sia imposto dall’alto e che il candidato abbia carattere, competenza, esperienza… e il senso democratico del governo della città».