Cinzia Conteduca, ricercatrice barlettana

Cinzia Conteduca è una ricercatrice barlettana, specializzata nel settore oncologico. Ha sviluppato una ricerca grazie alla quale sarà possibile personalizzare i trattamenti per pazienti affetti da carcinoma prostatico. Una grande possibile svolta nella cura di questo carcinoma, sviluppata sul senso di umanità e sulla dedizione alla ricerca scientifica. Una storia di studio e passione che abbiamo avuto il privilegio di ascoltare direttamente dalle parole della dottoressa barlettana.

Ha ricevuto in questi giorni un prestigioso riconoscimento durante il più importante appuntamento medico sull’oncologia all’American Society of Clinical Oncology. Cosa rappresenta per la sua carriera questo premio?

«Il premio della Società Americana di Oncologia che ho ritirato a Chicago rappresenta un grande traguardo professionale nel campo della ricerca oncologica ma sicuramente per me anche uno stimolo a continuare a lavorare in tale ambito cercando sempre come Paese di essere competitivi e collaborativi a livello internazionale».

È nata a Barletta, piccola citta nel cuore della Puglia autentica: in che modo vive nella sua professionalità il legame con una terra che versa in problemi sanitari così imponenti?

«Sono fiera di essere cresciuta a Barletta e solo motivi lavorativi mi portano lontano dalla mia città con cui ho sempre un forte legame familiare ed affettivo. Lavorando in diverse realtà ospedaliere a livello nazionale ed europeo, mi rendo conto dei vari limiti e problemi della sanità nella mia regione, tuttavia, credo che già grandi passi avanti siamo stati fatti in questi anni in termini di prevenzione e di offerta di servizi per la diagnosi e la cura delle malattie oncologiche. Spero che la mia esperienza da medico oncologo impegnato nella ricerca sensibilizzi sempre di più le amministrazioni e tutta la popolazione di Barletta al problema della ricerca scientifica in Oncologia che dovrebbe rappresentare, a mio avviso, uno dei pilastri concreti per lo sviluppo ed il progresso di una città».

La sua ricerca sulla personalizzazione dei trattamenti per pazienti affetti da carcinoma prostatico si caratterizza come un’importante svolta nel mondo delle cure di tale carcinoma. Come ha sviluppato il suo lavoro?

«Il mio lavoro sul carcinoma della prostata inizia tre anni fa e scaturisce dall’idea – condivisa con il gruppo dell’Istituto di Ricerca Scientifica dell’Emilia Romagna (IRST) di Meldola (FC) ove lavoro – di identificare dei fattori genetici in grado di predire la risposta alle terapie. Inoltre, lo studio mira a studiare tali fattori in maniera semplice, ripetibile e non invasiva senza creare disagi al paziente e, a tal fine, abbiamo sfruttato le potenzialità di quella che oggi viene definita “biopsia liquida” ovvero l’analisi di alterazioni genetiche riscontrate in un solo prelievo di sangue dal paziente senza dover ricorrere ad interventi chirurgici. Sono state utilizzate le tecniche più innovative al momento disponibili per studiare il DNA di ciascun paziente, grazie anche al supporto dell’Istituto di Ricerca a Londra. La scoperta dell’alterazione del recettore degli androgeni nel sangue è stata dapprima identificata nella popolazione italiana e successivamente confermata anche in altre popolazioni europee (inglese e spagnola) in modo da poter essere certi della riproducibilità dei risultati ottenuti e cercare di personalizzare il trattamento del carcinoma prostatico in maniera universale».

Il mondo della ricerca al giorno d’oggi, un ambito spesso non opportunamente considerato nelle pianificazioni governative per lo stanziamento d fondi. Qual è il futuro della ricerca secondo lei?

«La ricerca scientifica rappresenta il futuro della medicina e la vera speranza per il domani. Purtroppo, la ricerca richiede sacrificio e spirito di dedizione da parte di tante persone, specialmente giovani, così come di un supporto economico e burocratico per attuare le tante idee che non mancano mai in campo scientifico ed essere in questo modo al passo con il resto del mondo. La sensibilizzazione delle classi dirigenti e di tutta la popolazione a sostenere la ricerca è indispensabile per far sì che il sogno di tanti giovani ricercatori si realizzi e l’esigenza di terapie all’avanguardia “personalizzate” da parte dei malati e delle loro famiglie possa concretizzarsi al più presto».