Si avvicina la seconda tappa di “Storie, libri e cucina in Piazza Marina”, rassegna letteraria in programma a Barletta fino al 23 luglio con cinque appuntamenti e avviata il 27 giugno con la presentazione de La ballata dei sassi di Carlos Solito. Giovedì 4 luglio sul palco allestito a pochi metri da Porta Marina, unico segno di resistenza al tempo della cinta muraria cittadina nel cuore della Città della Disfida, sarà tempo di presentare “Dei miei vini estremi- Un ebbro viaggio in Italia” (2019, Marsilio Editore) di Camillo Langone. L’autore sarà intervistato dal giornalista Nicola Curci. Inizio alle 21. Ingresso libero, curiosità obbligatoria.  Nemico della complicazione, nella vigna come nella vita quotidiana, Camillo Langone è uno dei più ricercati intellettuali a rifuggire, di converso, questa stessa attribuzione. Amante di cucina, arte e letteratura, si presenta al fuoco di fila delle domande che gli verranno rivolte senza la premura di un virtuale e rassicurante giubbotto antiproiettile fatto di ipocrisia. Nato lucano, non si ferma di girare per la penisola al fine di trovare un luogo da abitare. Adesso è la pianura Padana, è Parma. Scrive per il Foglio la sua abituale rubrica “Preghiera” ed ha la singolare quanto peculiare cura di recensire le omelie delle parrocchie italiane. Un autore controverso, senza filtri.

Langone, locandina 4 luglio

“DEI MIEI VINI ESTREMI – UN EBBRO VIAGGIO IN ITALIA”- Agli occhi di un devoto eterodosso come Camillo Langone, il degustatore amatoriale di oggi ha come unico (dannoso) interesse la «trasparenza» delle etichette e l’”onestà” delle certificazioni biologiche. Continua ad accostarsi alla bevanda che mette in contatto Dio e gli uomini come un sonnambulo, inconsapevole di quali eredità stia dissipando tra i finti Bordeaux e le «spremute di legno» dei vini in barrique, gli onnipresenti Chardonnay e le inutili fiere dai nomi anglofoni. Contro l’appiattimento del palato e la pervasività di cru stranieri, in questo excursus tra i prodotti e i protagonisti della più umana e nobile delle culture, Langone si inserisce nella tradizione di Soldati e Monelli, scrittori prestati al racconto della tradizione vinicola e del paesaggio italiano, raccontando la geografia del paese con il rispetto religioso dell’innamorato, insofferente al mito farlocco del dio Bio, nella consapevolezza che «l’unico vino naturale è l’aceto». Disegna così una geografia dell’Italia eccentrica e «peculiarista», in cui accanto ad alcune cantine famose si trovano storie di vini rarissimi e uomini esemplari, autoctoni fino al parossismo, dove la lingua concisa e tagliente dell’autore ridà senso al mondo dal sapore globalizzato dei wine instagrammer.