Probabilmente se glielo avessero detto quando era piccolo, mentre provava i primi kick ball change, non ci avrebbe creduto. Forse non ci avrebbe creduto neanche se glielo avesse “abbaiato” il più fedele dei compagni, il suo mastodontico terranova Artù, che da sempre lo affianca nei momenti salienti della sua vita. Di chi stiamo parlando? Di Stefano Francabandiera, insegnante di danza moderna e Hip Hop presso la scuola Barletta Art Academy, che a quanto pare ha visto esaudirsi uno dei desideri richiesti al “genio della lampada”. Di pochi giorni è infatti la notizia che il ballerino barlettano a settembre volerà a Stoccarda, come membro ufficiale del cast, per la produzione tedesca del Musical Disney Aladdin, lì già in scena presso l’Apollo Theater. Una novità a dir poco scalpitante, che non ha potuto non destare clamore, stupore e felicità. Questo non è certamente il primo traguardo importante per Stefano, che nel 2016 era stato ballerino per Laura Pausini nella data del tour Stadi 2016 a Bari e che con la Barletta Art Academy negli anni ha messo in scena numerosi musical, come Tarzan, Il Re Leone, Cats e lo stesso Aladdin. Ma questa soddisfazione ha un sapore tutto nuovo, tutto diverso, che porta il peso e l’eccitazione di una distanza geografica che non lascia indifferenti, di culture diverse, di anni e anni di impegno e sacrifici ripagati. La nostra redazione ha intervistato il giovane maestro per conoscere le sue sensazioni a poche ore dalla notizia, quel “teatro” di pensieri preludio di una grande vittoria personale, oltre che di una (sicuramente) indimenticabile esperienza.

Ciao Stefano. Come è iniziata questa avventura?

«Tutto è partito da Roma, dove io stavo frequentando un’accademia di musical, l’AMTA. Nella sede della scuola si sono tenute diverse audizioni nel corso dell’anno, soprattutto verso maggio e giugno. Una di queste comprendeva quella per la produzione tedesca del musical di Aladdin. Ho partecipato come ballerino e cantante e una settimana dopo è arrivata la conferma. E’ stato piuttosto rapido e inaspettato».

Quali emozioni hai provato dopo aver ricevuto la notizia?

«Non posso negare di aver avuto un sentore dopo l’audizione però durante l’ultimo anno passato, stando a stretto contatto con molta gente che ha lavorato addirittura a Broadway, ho sviluppato inevitabilmente un punto di vista particolare rispetto a questo tipo di audizioni, soprattutto per le grandi produzioni che hanno un’impostazione molto più simile a quelle di Londra e di New York piuttosto che a quella italiana. Non posso dire di non averci sperato, però quando hai a che fare con audizioni di questo tipo, che chiamano a raccolta un numero veramente grande di artisti, cerchi di tenere i piedi per terra. Per chi fa questo mestiere però è un modo per esibirci davvero per qualcuno, al di là del lavoro. Partecipare alle audizioni ti aiuta a vederla in questo modo. E’ un’occasione per esibirsi, per fare quello che ami fare. Chi produce questi spettacoli sa quello che vuole e quello che cerca e non sempre ci si sposa a questi requisiti. L’artista lo sa ma partecipare alle audizioni è pur sempre un modo per fare ciò che più piace fare e fa parte del lavoro».

Che ruolo hai nel musical di Aladdin? 

«Nell’ambito del musical io sono nell’ensemble, che interpreta tutti quei personaggi secondari, che cambiano, in cui non hai un ruolo predefinito. Nella storia di Aladdin ci sono molti personaggi secondari, come le guardie di Jafar o gli abitanti di Agrabah e molti altri. L’ensemble ricopre tutti questi ruoli, sia in ambito coreografico che in ambito canoro».

Come hai vissuto la preparazione per il provino?

«Le audizioni per l’ensemble, soprattutto in musical dove non c’è molta danza, non richiedono una preparazione specifica, su un determinato brano. Quella è una questione che riguarda l’artista, consapevole di doversi mettere in gioco in ogni audizione diversa. Ci si prepara su un proprio repertorio, sui propri cavalli di battaglia. Quando c’è di mezzo la danza invece l’artista si presenta e gli viene spiegata una coreografia, che deve imparare ed eseguire. A quel punto viene operata la selezione, in base a ciò che viene dimostrato. E’ come uno stage ma con un vero e proprio esito».

E’ la tua prima esperienza di lavoro all’estero? Cosa ti aspetti?

«Si, è la mia prima esperienza di lavoro all’estero. Sono stato a Stoccarda per la prova dei costumi e ho sondato il terreno. Sono molto eccitato in merito, non vedo l’ora. Mi piace la città, mi piace l’ambiente, perché sono già stato nel backstage. Non vedo l’ora di incontrare tutti gli altri membri del cast. Sono sicuro che uscirò da questa esperienza molto più forte. Ho studiato l’ultimo anno esattamente per questo, però sono sicuro che non esiste una vera preparazione per ciò che andrò a vivere. Si tratta di esibirsi ogni giorno, anche più di una volta al giorno, uno spettacolo a sera, due il sabato e la domenica. E’ una grande produzione, stiamo parlando della Disney. Mi aspetto di divertirmi e sono felice di coronare quello che era il mio sogno. Non mi aspettavo di partire subito con un musical del genere, di questa entità, sono veramente contento. Sarà molto bello».

Da poco è stato trasmesso al cinema il film di Aladdin. Se dovessi fare un bilancio fra cinema e teatro, quale dei due credi abbia più risonanza?

«Purtroppo il musical non è così famoso, soprattutto in Italia. Parlo con questa cognizione di causa. Qui il musical è di nicchia, è stato conosciuto grazie al Notre Dame de Paris una decina di anni fa ed è rimasto ancorato a quello. Sono molto pochi i musical che vengono importati in Italia. Lo stesso non si può dire della Germania, dove si sta creando un mercato veramente efficace per sostenere le stesse produzioni di New York e Londra e funziona bene. C’è stato Hamilton, c’è stato Mary Poppins, c’è stato Tarzan per tanti anni e questi sono solo i più famosi ma ce ne sono tanti altri. Sicuramente il cinema richiama più gente. Se parlassi di Aladdin con chiunque verrebbero subito in mente il cartone animato e il film. Non riesco ancora a vedere il musical in Italia una realtà così forte da contrastare o equiparare quella del cinema. Probabilmente non accade neanche in Germania però quantomeno lì è una realtà».

Cosa ha rappresentato e rappresenta per te la danza?

«Io ballo da quando avevo 3 anni. La danza mi ha accompagnato per tutta la vita e non l’ho mai abbandonata. Questa è l’esperienza più grande che io abbia mai fatto, nonostante ne abbia fatte molte nell’ambito della danza. Ballare è sempre stata la mia passione, alla quale se ne sono aggiunte altre grazie alla realtà del musical, che ho conosciuto più di recente rispetto alla danza, come il canto e la recitazione. Questo per me è il coronamento di tutto ciò che ho fatto in questi anni, per cui ho lottato e per cui ho fatto anche molti sacrifici».

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a cura di Carol Serafino