Successo di pubblico alla Sezione dell’Archivio di Stato di Barletta per la “Domenica di Carta 2019” che ha proposto la mostra documentaria fotografica “Barletta Città dell’accoglienza – I campi profughi 1947/1950.

La scelta di un argomento così poco conosciuto non nasce per caso” ha evidenziato Michele Grimaldi Responsabile della Sezione barlettana dell’Archivio e curatore dell’evento unitamente al Prof. Michelangelo Filannino, a Luisa Filannino e Vito Dibitonto.

Gli abitanti di Canne si trasferirono a Barletta nel 1083 per sfuggire alla distruzione della cittadella da parte di Roberto il Guiscardo stabilendosi in quello che oggi è il rione San Giacomo. Nel secondo dopoguerra, invece, edifici privati e pubblici (carceri, caserme e scuole) già utilizzati dagli sfollati o da chi scappò dal conflitto bellico, divennero un punto di riferimento per i profughi.

Ingresso Caserma Stella sede del campo profughi in festa per la proclamazione dello Stato di Israele

Lo spiccato senso di accoglienza della città di Barletta è stato, dunque, volutamente posto al centro dell’attenzione dell’iniziativa promossa a livello nazionale del MIBAC e messa a punto, nella fattispecie, dalla locale sezione dell’Archivio di Stato, dall’Associazione Nazionale “Cavalieri di San Nicola”, dall’Associazione Arte, Cultura e Turismo “Virgilio” e dal FIOF in collaborazione con l’Amministrazione Comunale.

A Barletta, in particolare, – ha sottolineato Michele Grimaldi nel corso delle visite guidate – si possono identificare due momenti principali di ondate di profughi: fino al 1950 arrivano soprattutto dalla Polonia e dalla ex Jugoslavia. In gran parte sono ebrei. Alla data del 31 marzo 1948, gli Ebrei nei campi profughi italiani erano 19.084, di cui 1.968 si trovavano a Barletta in un sito ben preciso: il DP camp n. 3 bl, ovvero la Caserma Stella di Via Andria”.

Nella seconda fase, fra il 1951 e il 1954, è prevalente la presenza di profughi di lingua italiana provenienti dall’Etiopia, dalla Grecia, dalla Turchia, dall’Istria. Quasi tutti Giuliano – Dalmati. A Barletta furono ospitati al Centro Raccolta Profughi di Via Manfredi, dove si trovavano le Caserme Stennio, (esistente) e Fieramosca (abbattuta agli inizi degli anni ’60).

Le Caserme Stennio e Fieramosca sede del Campo Profughi Istriani, Slavi  e Polacchi

Tra gli stranieri inviati nei campi, vi erano anche alcuni ebrei reduci dai lager nazisti che condivisero le stesse baracche con ex criminali di guerra e collaborazionisti dei nazifascisti. Nonostante le proteste delle associazioni ebraiche, per diversi mesi, rimasero internati nel campo. Solo verso la fine del 1946 il controllo degli stranieri passò definitivamente sotto le autorità italiane.

La disciplina fu garantita da divieti e prescrizioni che, oltre a limitare la libertà, prevedevano la censura per la corrispondenza e l’obbligo di rispettare orari e norme che regolavano la convivenza all’interno delle baracche. In pochi mesi il Centro di Barletta superò le cinquecento presenze, divenendo una piccola cittadella con uomini e donne provenienti da oltre venticinque nazioni.

Le condizioni di vita furono assai complesse: si verificarono risse e violenze tra i differenti gruppi etnici, sia per motivi politici che religiosi. La promiscuità e i disagi dovuti all’ozio forzato e alle precarie condizioni igienico sanitarie misero a dura prova i profughi.

Il vitto, nei primi mesi, lasciò molto a desiderare. Successivamente in seguito alle proteste e alle segnalazioni della Croce Rossa e della Pontificia Commissione per i profughi, la qualità e la quantità del cibo migliorarono sensibilmente. Con il passare del tempo, i campi andarono via via svuotandosi fino a giungere alla definitiva chiusura avvenuta alla fine degli anni cinquanta.

Una mostra documentaria fotografica apprezzata dal pubblico, utile a ricordare spaccati di storia locale che si intrecciano con l’accoglienza e la solidarietà delle popolazioni della nostra Puglia.