«Le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite dalle ore 5.00 sino alle ore 24.00 con consumo al tavolo, e con un massimo di sei persone per tavolo, e sino alle ore 18.00 in assenza di consumo al tavolo. Resta sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché, fino alle ore 24.00, la ristorazione con asporto. È fatto obbligo per gli esercenti di esporre all’ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale, sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti. Restano comunque aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo le autostrade»: ecco quanto si legge nel nuovo DPCM firmato dal Presidente Giuseppe Conte il 18 ottobre 2020. Una scelta che procede in simultaneità e coincidenza con due grandi obiettivi: contenere il divampo di contagi da Covid-19, ormai ufficialmente di nuovo in salita, e salvaguardare il più possibile l’economia nazionale per evitare un ulteriore tracollo. Tuttavia l’adeguamento alle nuove norme, sebbene necessario, risulta (almeno in queste prime istanze) complesso da gestire. Abbiamo ascoltato l’esperienza di Antonio Fiorentino, titolare dell’osteria “Bardulos”, di Francesco Petruzzelli, titolare degli irish pub e jazz pub “Saint Patrick” e “Friedrich II” e del beer shop “Saint Patrick 133” e di Antonio Demattia, chef patron e titolare del ristorante “Il Posticino”. Ciò che si è evinto dalle loro testimonianze in maniera univoca è che a Barletta si stia facendo fatica ad allinearsi con i nuovi orari, in quanto noi cittadini siamo detentori di una cultura tutta “meridionale” che comporta una serie di implicazioni: si finisce più tardi di lavorare (almeno alle 21.00) e di conseguenza ci si mobilita più tardi per andare a cena.

Attualmente, nel settore della ristorazione, si sta organizzando il lavoro attraverso l’obbligatoria e preventiva prenotazione e la turnazione in diverse fasce orarie: una prima dalle 20/20.30 alle 22/22.30 e una seconda fino alle 24.00. Tuttavia è proprio questa corsa ad orari più “nordici” a mettere in difficoltà i nostri concittadini, abituati a tempi più dilatati. Spesso e volentieri, dunque, non si riescono a rispettare gli orari previsti dalla prenotazione e di conseguenza si fa slittare il resto dell’organizzazione. Insomma, la nuova regolamentazione prevista dal decreto del 13 ottobre, a cui giorni dopo si è aggiunta anche la raccomandazione di una numerazione massima di 6 persone per tavolo, è imprescindibile ma difficoltosa, in quanto non implica solo una riorganizzazione lavorativa e gestionale della singola struttura ma anche un cambiamento radicale nelle usanze e nei costumi della cittadinanza.

L’appello rivolto ai cittadini dunque è quello di continuare non solo ad usare le protezioni individuali, mantenere il distanziamento e una costante igienizzazione delle mani ma anche e soprattutto di dimostrare un maggiore spirito di adattamento nella variazione delle proprie abitudini. In questo modo sarà più semplice consentire da un lato una generale fluidità nell’attività lavorativa al netto della seconda ondata epidemica, dall’altro una maggiore piacevolezza per la clientela stessa nel trascorrere un sabato sera fuori senza smanie e apprensione.

 

A cura di Carol Serafino