Il Coronavirus ha scombinato molti piani, macchiando persino questi tanto attesi giorni di festa. Durante la prima ondata abbiamo sperato, un po’ troppo ottimisti, di vivere un Natale svincolato da decreti legge e disposizioni, da mascherine e autocertificazioni, ma purtroppo la curva epidemiologica della seconda ondata non ha lasciato spazio a nulla se non ad una replica di quanto già vissuto qualche mese fa. Un surrogato che ha puntato però ad un equilibrio, come riferito dal Premier Conte durante l’ultima conferenza stampa, che riuscisse a creare un’osmosi fra la necessità di rispettare l’assioma governativo e il bisogno di respirare un clima gioioso così importante per la comunità. A maggior ragione il decreto legge del 18 dicembre non ha (ovviamente) applicato rigide restrizioni alle funzioni religiose: ci si può recare nei luoghi di culto e partecipare all’Eucaristia, sempre però entro le 22. “Sarà cura dei Vescovi suggerire ai parroci di orientare i fedeli a una presenza ben distribuita, ricordando la ricchezza della liturgia per il Natale che offre diverse possibilità: Messa vespertina nella vigilia, nella notte, dell’aurora e del giorno. Per la Messa nella notte sarà necessario prevedere l’inizio e la durata della celebrazione in un orario compatibile con il cosiddetto coprifuoco”, si legge nel comunicato finale di inizio dicembre del Consiglio Episcopale Permanente.

Anche Barletta ovviamente si adegua all’andamento generale, ridistribuendo le 4 varianti liturgiche in modo tale da rispettare il coprifuoco delle 22. «Io ho lasciato intatta la Messa vespertina della Vigilia alle ore 19 – spiega Don Vito Carpentiere, parroco della Parrocchia Santuario Santa Lucia – Siccome siamo tenuti tutti quanti al cosiddetto coprifuoco entro le 22, la messa della Notte di Natale viene anticipata alle ore 20.30. Non ci saranno auguri, baci o abbracci purtroppo, per evitare rischi. Dopo la celebrazione si andrà a casa. La mattina di Natale invece si svolgeranno le messe consuete della domenica: 8.30, 10, 11.30 e 19». Una parvenza di normalità con qualche accenno di variatio insomma, immancabile e incontrovertibile in un momento come questo. Eppure, nonostante la pandemia globale, abbiamo potuto attendere un altro Gesù Bambino nei nostri presepi, attorniati dei nostri cari e questa è la più grande fortuna che avremmo mai potuto auspicare: «Non è cronometrato che Gesù sia nato a mezzanotte – conclude Don Vito – è lo spirito quello che ci interessa e in questo Natale già avere il dono di poter celebrare l’Eucaristia insieme alla comunità e ai fedeli, sebbene col distanziamento e le mascherine, è già una grande grazia. Il regalo più bello che Gesù bambino abbia potuto fare, a noi sacerdoti e ai nostri fedeli».

 

A cura di Carol Serafino