pics from Collettivo Exit social network page
«Barletta spesso sembra una realtà autonoma – questo il pensiero dell’associazione ambientalista “Collettivo Exit” – quasi che viva una vita sociale e politica propria.
Sembra un microcosmo fatto da tanti piccoli tasselli che non riescono mai a ricomporsi.
Uno di questi è la questione ambientale che da tanti anni grava sulla nostra città come un macigno. Anni fa noi insieme a tanti altri l’abbiamo posta al centro dell’agenda politica per cercare finalmente di scardinare quell’intreccio tra sistema economico e politico che tiene sotto scacco un intero territorio.
Era l’unica possibilità che aveva ed ha la nostra città di uscire da un modello industriale che per decenni si è basato su aziende fortemente inquinanti, con costi enormi dal punto di vista sociale, sanitario e ambientale. Probabilmente non ci siamo riusciti per nostri limiti ed errori ma anche perché la classe politica ha completamente demandato al “comando d’impresa” qualsiasi tipo di intervento; difatto è l’economia che decide cosa si può fare e cosa non si può fare, con la classe politica cittadina che funge da mero esecutore. Oggi assistiamo invece ad un “ambientalismo” che sicuramente pone delle questioni importanti sul nostro territorio (vedi la questione del pino da salvare) ma che molto spesso perde di vista su chi sono quei soggetti che tentano quotidianamente di devastare il nostro territorio. Soprattutto questi interventi non producono una tensione capace di creare una trasformazione nel tessuto sociale della città.
Bisogna sicuramente battersi per salvare il pino ma bisogna anche dire che chi ne chiede l’abbattimento da anni fa il bello e cattivo tempo con la complicità della classe politica.
Bisogna riproporre con forza l’uscita da un modello industriale che permette ad aziende insalubri come la Buzzi Unicem, la Timac e la Dalena ecologia di avere processi produttivi inquinanti nel cuore della città. Di evitare di mettersi al servizio di qualche multinazionale solo per poter piantare qualche alberello in città come è stato fatto in passato da qualche associazione ambientalista. Tutto ciò che tutela il territorio e l’ambiente merita il massimo rispetto; quello che va evitato con forza è la fuffa di una “pratica verde” mainstream che accomuna tutti. Perché così facendo – concludono dall’associazione – una pennellata green alle facciate grigie dei loro stabilimenti la meriterebbero anche certe aziende».