Un gioiello celato alla comunità barlettana, di proprietà diocesana, stiamo parlando della chiesetta di San Michele, situata nella centralissima via Cialdini. Ormai da oltre un anno restaurata completamente, non manca proprio nulla, dotata finanche di impianto audio e possibilità di allaccio internet, attende di conoscere il proprio futuro; una funzione religiosa o un centro culturale? L’esplosione della pandemia ha sicuramente bloccato ogni discorso di inaugurazione del bene.

Abbiamo avuto il privilegio di visitare il luogo in anteprima: una chiesa che nasce nel XII sec. (i primi documenti a riguardo ne parlano nel 1144); ricostruita nel XVIII secolo, e poi l’ultimo restauro terminato nel 1899. Quindi ci riferiamo a tre letture della struttura. La parte più antica della chiesa è l’abside, con un orientamento trasversale rispetto all’ingresso attuale, indicando che l’ingresso originario doveva essere dove ora c’è via Marina. Sotto l’attuale pavimentazione, quella antica in pietra con tasselli di forma romboidale, messa in evidenza dal restauro attraverso una striscia di pavimentazione trasparente; l’abside è completamente affrescata, si riconoscono santi, vescovi, immagini di cui rimangono ormai solo frammenti. Tutto ciò era completamente occultato prima del restauro, realizzato dalla “Cilli Cosimo –  Conservazione E Restauro Di Opere D’Arte”, così come è rimasto per secoli: «La calotta della abside era praticamente sfondata -così il restauratore- abbiamo dovuto ricostruirla . C’era un cumulo di macerie e deposito di materiali edili. Per ricostruire l’abside siamo dovuti intervenire dalla casa affianco. Le nicchie sono venute fuori durante la pulitura e l’illuminazione di tutti gli elementi». Ma è nel 1701 che hanno cambiato l’orientamento della costruzione, allargandosi in avanti, alzando il pavimento di circa 1.8 metri.

Una piccola scala interna conduce ad una cantoria in legno, completamente ricostruita poiché di quella originale c’erano rimasti solo i segni. Ciò che richiama subito l’attenzione è l’affresco della Madonna della Strada, che mai nessuno ha visto così. Di qui parte la devozione di quella Madonna, venerata adesso nella parrocchia di S. Nicola. L’affresco è cinquecentesco, probabilmente inserito in una piccola cappella o edicola. Il trono della Vergine è venuto fuori successivamente, come anche gli affreschi dell’abside, tutti coperti da intonaco, riportati fuori con il bisturi. Assicurano che non ci sarà un filo di umidità grazie ai materiali utilizzati: i vetri calpestabili evitano la formazione di condensa. La facciata, in stile neoclassico, è invece molto più recente, risale all’ultimo restauro quindi alla fine dell’800. Altra questione interessante è la denominazione della chiesa: solo dalla seconda metà dell’800 viene citata come “chiesa di San Michele”, probabilmente poiché conteneva la statua dell’Arcangelo, oggi conservata in Santa Maria della Vittoria; precedentemente, invece, era nota come “chiesa di Ognissanti” e poi “chiesa della Madonna della Strada” per via dell’affresco di cui abbiamo parlato. Questa potrebbe essere un’interessante intitolazione della via, su cui spesso si polemizza per cambiarle il nome di Cialdini, vista la discutibile personalità storica cui si riferisce.

Le chiavi sono state riconsegnate a Don Franco Fruscio, arciprete della Concattedrale di Santa Maria Maggiore, che ci ha consentito questa esperienza, augurandosi di poter presto tornare a discutere sul destino di questo bene culturale.