Si è svolto questo pomeriggio un sit-in di protesta contro la costruzione dell’ipermercato del colosso tedesco Lidl nei pressi del fossato del Castello di Barletta. Con “porte” (di vento e di alberi, quei pochi rimasti) alle 17, la manifestazione, silenziosa e pacifica, si è tenuta proprio in via Cafiero, con l’obiettivo da parte dei cittadini di esprimere il proprio dissenso nei confronti di questa situazione, che ha sortito non pochi dubbi e perplessità. Destinatario e bersaglio dei numerosi manifesti (“Barletta capitale della cultura del cemento”, “Stop ai lavori subito”, “La storia siamo noi, non la Lidl” e soprattutto “Dimissioni”) il primo cittadino Cosimo Cannito, non presente fisicamente ma presente figuralmente nei molti volti di carta stampati, ritraenti il Sindaco stesso, accompagnati dalla frase “Non ne sapevo niente”, leitmotiv del momento, dopo che il primo cittadino ha dichiarato di essere stato informato con ritardo dell’andamento dei fatti e di “non saperne nulla”. Si attende quindi ancora risposta per la richiesta dell’amministrazione comunale di una sospensione dei lavori per una settimana, con l’auspicio di addivenire ad un accordo dialogico con i rappresentanti di Lidl, gli ingegneri Corrado De Bari e Alessandro Spilotros, responsabili dello Sviluppo immobiliare di Lidl per le regioni Puglia, Basilicata e Calabria, insieme al professor Palma, legale dell’azienda.

Nel contempo è stata resa nota oggi da Legambiente Barletta una determina, risalente a dicembre 2019 e firmata dal dirigente del Servizio bonifiche e pianificazione della Regione Puglia Sergio Defeudis, che evidenzia che il sito non sia sicuro. È infatti scritto che, illo tempore “si approvavano gli esiti della caratterizzazione e dell’analisi di rischio sanitario ambientale, con raccomandazioni inequivocabili: attivare le misure di prevenzione per la sicurezza degli operatori, in attesa dell’intervento di bonifica/messa in sicurezza permanente ed effettuare il monitoraggio delle acque sotterranee per ulteriori quattro trimestri fino a marzo 2020”. Si legge inoltre che “il sito presenta rischio sanitario da suolo superficiale per contatto dermico, ingestione di suolo e inalazione di polveri per i seguenti contaminanti: piombo, benzoantracene, benzoapirene, benzofluorantene, dibenzoapirene […]”, come riportato sulla pagina Facebook dell’associazione ambientalista. Circostanze ondivaghe, che lasciano spazio solo ad interrogativi.

«Stiamo tentando di mettere in campo tutti i tentativi possibili per fermare quello che è un vero e proprio scempio da un punto di vista storico, architettonico e urbanistico, perché va a violentare uno dei luoghi identitari della città – dichiara il consigliere di Coalizione Civica Michelangelo Filannino – Credo che il Sindaco debba dimettersi, perché nella migliore della ipotesi ha omesso qualunque vigilanza nei confronti dei dirigenti. Ma soprattutto, per chi è più giovane, questo è il segnale di un’arretratezza che è pericolosa, soprattutto alla vigilia del Recovery Fund, perché io mi chiedo quale ente, quale impresa, quale Europa, potrà mai venire ad investire a Barletta che è un vero e proprio terreno minato. Stiamo assistendo a dei lavori di scavo a 100 metri da un muro dove ci sono le bombe della Prima guerra mondiale, un gioiello di architettura che è stato valorizzato dalla parte della Cattedrale, mentre ora da questo lato vedremo le luci della Lidl. Un bruttissimo segnale che non lascia presagire niente di buono».

Preoccupato anche il presidente del circolo cittadino di Legambiente Barletta Raffaele Corvasce: «Siamo qui oggi un po’ tutti da semplici cittadini, svestiti delle cariche istituzionali o associative, perchè fermamente convinti che questa cosa “non s’ha da fare” – dichiara – Domani mattina io e l’avvocato Vaccariello ci recheremo in Prefettura per depositare personalmente un’istanza, in quanto abbiamo acquisito tramite la Commissione Ambiente la relazione geologica, grazie alla quale abbiamo potuto verificare alcune cose che ritenevamo delle anomalie, come il fatto di non aver contestualizzato il progetto, quindi con una cartografia aggiornata. È come se fosse stato “oscurato” il sito inquinato adiacente e questo non va bene, perché ovviamente avendo una falda inquinata ad un metro dal suolo, nel sito accanto, si presuppone che anche dopo gli scavi per la realizzazione del supermercato la stessa falda sia inquinata e che la situazione non sia stata risolta. Queste problematiche non sono state accertate e non dovrebbe essere così».

Un ginepraio ancora magmatico, che speriamo possa trovare presto un punto di equilibrio e la collaborazione delle parti in causa.

 

A cura di Carol Serafino