È noto ormai da tempo il concetto di “massa critica”. Una rivoluzione sociale, di consapevolezza, è possibile solo dopo che una quantità “critica” di persone riesce a innescare un piccolo cambiamento che diventi contagioso, virale, inarrestabile. La domanda vera è: quando questa massa critica verrà raggiunta a Barletta? Il giornalista Malcolm Gladwell nel suo saggio “Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti” (Ed. Rizzoli, 2000) racconta come il tasso di criminalità a New York crollò all’improvviso a metà degli anni Novanta senza l’intervento di alcun grande cambiamento sociale, economico e politico, solo attraverso il raggiungimento di uno specifico punto critico. Difatti, è stato dimostrato da decine di studi accademici, che un campo di coscienza coerente e unificato può  influenzare la realtà e la globalità di un sistema: è il cosiddetto “effetto Maharishi”. Lo studioso Gregg Braden in alcuni suoi testi ha addirittura calcolato che questa massa critica corrisponderebbe a un numero di persone pari alla radice quadrata dell’1% della popolazione considerata. Nel caso di Barletta, sulla base dei suoi circa 93.000 abitanti (ultimo censimento ISTAT 2019), basterebbero 30 persone! Solo 30 persone per innescare un cambiamento che possa diventare virale, in grado, ad esempio, di orientare verso un modello di sviluppo sostenibile basato su un nuovo TAC: Turismo, Ambiente e Cultura. Solo 30 persone che potrebbero definitivamente cancellare l’onta di una comunità che negli ultimi cento anni ha distrutto: Porta San Leonardo e il “Sedile del Popolo” nel 1925; il complesso della SS. Trinità nel 1964 in Via Manfredi per far posto a un’area di sosta autobus; i resti della Chiesa di Santa Chiara in corso Cavour; il contesto architettonico di Palazzo della Marra con l’edificazione di un condominio al suo fianco; le lapidi e le testimonianze del medioevo templare con la realizzazione del complesso “Solemar”; un intero fianco della collina di San Lazzaro con reperti di età neolitica; uno dei più grandi giacimenti preistorici sommersi del Mediterraneo a largo di Ariscianne; il bel Palazzo Cuomo; l’immagine di uno dei più grandi Castelli italiani del Cinquecento permettendo la realizzazione di un supermercato al suo fianco. A questa storia di distruzioni se ne potrebbe affiancare un’altra, altrettanto deprimente, di incuria e negligenza, se si includono ad esempio, l’abbandono di Villa Bonelli, lo scempio della fontana di San Ruggiero, la mancata valorizzazione di un sito archeologico che ci invidia il mondo: Canne della Battaglia. Ma torniamo alle 30 persone, quasi il numero dei componenti il Consiglio Comunale di Barletta: 33 includendo il Sindaco. Immaginate fossero tutti d’accordo. Secondo la teoria della massa critica di Gregg Braden, potrebbero mettere in atto un cambiamento totale, epocale, straordinario, che potrebbe rivoluzionare la storia, l’immagine e il modello di sviluppo di Barletta. Ma non avverrà. Già, non resta che cercare 30 persone che abbiano la stessa visione, lo stesso coraggio, la stessa tenacia di credere in un sogno possibile: Barletta Città d’Arte e dello Sport, un sogno di bellezza, creatività, rispetto, cultura. Io credo che queste 30 persone esistano, bisogna solo farle incontrare. Allora, non è un caso che i redattori del primo Piano paesaggistico d’Italia, il PPTR della Regione Puglia, abbiano scelto queste parole per introdurre la forza e la filosofia  del Piano: “È qui la malattia che colpisce alla gola la città: l’incapacità di fermare il processo di mercificazione di se stessa. Laddove nessuno si sente più cittadino e la città stessa si riduce a una risorsa per lo scambio e per gli affari, lì la città muore […] Occorrerebbe rieducarsi tutti alla bellezza, a un rispetto del meglio che si è ereditato, tentare di rivedere in un certo rosso e ocra dei palazzi, nell’incontro del bianco e del mare, le linee di un’educazione sentimentale per le nuove generazioni, un sacro da cui ripartire” (Franco Cassano, 2008).

 
Alfredo De Giovanni
geologo, musicista, autore