Un altro clamoroso successo per la stagione musicale del Teatro Curci di Barletta, giunta al suo 37mo anno di vita e organizzata dall’associazione “Cultura e Musica G. Curci”. Una lotta continua, quella portata avanti dal direttore artistico Francesco Monopoli, in perfetta sinergia con il Comune di Barletta, la Regione Puglia e il Ministero della Cultura, per poter ridare all’arte lo spazio che merita e ai suoi fedeli spettatori la possibilità di giovarne liberamente.

Penultimo appuntamento di questa composita promenade musicale dal respiro cosmopolita, che ha visto di scena in American Landscapes – American in Black and White il luminare Emanuele Arciuli, il pianista italiano più affermato a livello nazionale e internazionale nell’interpretazione della Musica contemporanea, che ha solcato coi suoi passi i palcoscenici dei più prestigiosi teatri, dal Teatro della Scala al Petruzzelli, e Nicola Monopoli, musicista eclettico laureatosi in Musica elettronica e composizione e musicista di assoluto prestigio internazionale, con dottorato di ricerca presso il Royal College, docente di Musica elettronica al Conservatorio “Gesualdo da Venosa” di Potenza ed esecutore in tutta Europa, negli Stati Uniti e in Australia.

Sul palco, suggellate da uno sfondo sobrio ed essenziale, cinque tastiere: un pianoforte, un pianoforte preparato, un clavicembalo, una tastiera elettronica e un toy piano, che hanno proiettato il pubblico in un itinerario che ha fatto del connubio fra tradizione e innovazione il proprio motivo conduttore.

A cavallo tra il secondo Novecento e l’alba del nuovo Millennio si assiste ad una rivoluzione nel panorama musicale: la musica “cambia”, come spiegato dal Maestro Arciuli. Non cambia solo in virtù di nuove scoperte, come quelle relative alla musica atonale e dodecafonica, ma si evolve timbricamente, arricchendosi di nuovi “colori”, fino a quel momento ritenuti inafferrabili.

È quello che hanno deciso di interiorizzare e sperimentare gli artisti le cui musiche ieri hanno stupito le platee, punte di diamante della musica americana fine novecentesca, con suoni e melodie diverse, bislacche, totalmente sperimentali, attraverso le sinfonie di China Gates (Piano) di John Adams, un pezzo dai rimandi pop e dalle armonie quasi jazz; la Sonata n.6 di Lou Harrison (clavicembalo), dove abbiamo potuto riscoprire un clavicembalo dagli echi sicuramente settecenteschi ma investito di una modernità tutta nuova; Suite e The Perilous Night di John Cage (per pianoforte e pianoforte preparato), composizioni ludiche ma sonoramente interessanti e sofisticate, scritte e pensate per dare voce all’espressività del pianoforte preparato che, essendo munito di lamine metalliche e non di corde, restituisce all’ascolto un suono quasi “lillipuziano”.

La  seconda parte del concerto è stata un tripudio di suoni con l’Etude n.2 di Philip Glass (piano), Paradise di Kyle Gann (Keyboard sampler), East Broadway (toy piano e tape) di Julia Wolfe, Children on the Hill di Harold Budd (Electric piano e harmonizer), Dark River and Distant Bell di Alan Hovhaness (clavicembalo) e infine, come dulcis in fundo, Winnsboro Cotton Mill Blues di Frederic Rzewski (piano), brani che hanno spaziato da ritmi percussivi dal retrogusto tropicale e afro-cubano alle orecchiabili “stonature” dell’harmonizer.

Perfetto l’affiatamento tra i due artisti, che hanno continuamente “dialogato” a distanza per la durata di tutto il concerto, dando alla serata un grande valore musicale sia per il repertorio proposto che per l’eccellente performance esecutiva.

Una tavolozza timbrica sicuramente poliedrica, capace di confondere i sensi, prestandosi al racconto dell’udito piuttosto che della voce. Un percorso di musica “oltre la musica”, oltre il consuetudinario sistema temperato, volto ad intercettare ogni possibile segnale acustico presente in natura e renderlo musica, arte, vita.