“I valori che accomunano i progetti d’arte negli spazi pubblici sono sempre collettivi, rivolti alla popolazione civile e accompagnati dal presupposto di migliorare la qualità della città e dei cittadini” (Detheridge)

 

Sono passati dieci anni dal 3 ottobre del 2011, giorno in cui il crollo della palazzina di via Roma causò cinque vittime, tra cui quattro operaie morte sul luogo di lavoro e una ragazza. Tale evento incise una ferita ancora viva nella memoria barlettana, oltre che tuttora aperta nel tessuto edilizio della città e incarnata nel vuoto urbano causato dal crollo.

Eppure, da allora ad oggi, tale spazio è rimasto così com’era, recintato e inalterato, fermo in un passato che non si è avuto il coraggio di rielaborare, di interpretare, di consegnare alle generazioni future come monito, ma anche come messaggio di speranza.

Probabilmente, invece, è arrivato il momento di chiedersi quale nuovo rapporto di significato e soprattutto d’uso si possa oggi ricostruire tra quel vuoto urbano, che ormai ha acquisito un denso valore collettivo.

È arrivato il momento di rielaborare il ricordo di quel lutto, cercando dei modi per esprimerlo attraverso la creazione di un nuovo spazio che sia denso di valori civici: un luogo di incontro e di partecipazione sociale e culturale per la cittadinanza.

“Via Roma, colorare la memoria è un’idea che si pone in tale prospettiva, proponendo la rigenerazione di questo spazio urbano ad oggi inutilizzato e inaccessibile.

Da un lato, l’obiettivo è quello di costruire una relazione tra il ricordo della tragedia, la memoria delle vittime e il gioco, inteso come atto primordiale, come momento fondamentale dell’educazione dei giovani e non solo, come momento di incontro e socialità.

Dall’altro, vi è anche l’obiettivo di instaurare una relazione tra questo carattere ludico del luogo e un suo possibile valore culturale e artistico. D’altronde, il modo migliore di comunicare, di esprimere, di rendere significativo il ricordo di un tragico evento collettivo non può che coincidere con l’utilizzo o la creazione di un contenuto artistico.

In questo caso, la nostra idea, nata in continuità con il progetto De Nittis e la rivoluzione della periferia”, propone di costruire un inedito dialogo tra alcuni dipinti del più famoso pittore barlettano e un’opera di street art pensata nelle forme di un playground. Tale idea propone dunque un dialogo tra arte tradizionale e arte contemporanea, oltre che tra gioco e memoria, socialità e cultura.

D’altronde, opere come “Una donna che lavora all’uncinetto” o “La lezione di pattinaggio”, di Giuseppe De Nittis, esprimono appieno anche un ulteriore significato legato alla memoria del crollo di via Roma, associato al ricordo delle cinque donne morte in una maglieria al piano terra dell’edificio. Infatti, l’appellativo di peintre des Parisiennes (pittore delle parigine), De Nittis diventò il testimone di quel processo di emancipazione che le vedrà coinvolte tra la fine dell’800 e la Belle Epoque. Nelle opere del pittore barlettano, le donne si muovono nei grandi parchi, lungo le passeggiate, alle corse, nei salotti, nelle stanze delle dimore borghesi.

In questo connubio tra antico e contemporaneo, tra gioco, arte, memoria collettiva e socialità, si può forse ricostruire un modo positivo tramandare il ricordo gli eventi del 2011, trasformando l’assenza del vuoto causato dal crollo nell’opportunità di uno spazio urbano caratterizzato da un’alta densità d’uso e di significato civico, culturale e urbano.

 

 

Massimiliano Cafagna (Architetto), Erica Davanzante (Dottoressa in storia dell’arte),

Giuseppe Tupputi (Architetto), Laboratorio di immaginazione urbana

 

foto_Anna Maria Campese