
È tornato a esibirsi dopo cinque anni nella sua città natale, Barletta. Un amore mai sopito, che nel lungo e dedalico crocevia che lo ha portato a fare plurime esperienze all’estero durante la sua carriera, lo ha ricondotto alle origini. Enrico Morelli, ballerino e coreografo barlettano, ha varcato ieri 19 gennaio il palcoscenico del Teatro Curci di Barletta per galvanizzare la platea con lo spettacolo Gershwin Suite/Shubert Frames insieme alla MM Contemporary Dance Company, che ha danzato sui “fraseggi” delle sue coreografie, realizzate in concertazione con Michele Merola. Una prestigiosa serata nel segno della danza, grazie anche alla dedizione di Gemma Di Tullio, responsabile delle attività di danza del Teatro Pubblico Pugliese, in stretta sinergia con l’associazione “Cultura e Musica G. Curci”. Abbiamo avuto nuovamente il piacere di intervistare l’artista e di ascoltare, attraverso le sue parole, alcune impressioni sullo spettacolo.
Ciao Enrico. Innanzitutto partiamo dallo spettacolo. Come è andato e quali sono state le tue impressioni?
«Lo spettacolo è andato veramente molto bene. Innanzitutto il teatro era abbastanza pieno e non me lo aspettavo, perché come sappiamo di questi tempi i teatri è difficile riempirli, ma sono stato soddisfatto quando ho visto che la platea era piena. Siamo stati tutti davvero contenti. La compagnia ha ballato benissimo e questo mi ha fatto molto piacere, perché i ragazzi sapevano che fosse una data che a me interessava particolarmente, quindi mi ha emozionato vederli così carichi ed empatici nei miei confronti. Il risultato finale è stato bello, perché il pubblico ha gradito parecchio».
È andato tutto come ti aspettavi quindi?
«Assolutamente sì. Nel teatro abbiamo trovato un’organizzazione molto efficiente, i tecnici sono stati bravissimi. Non è facile, in alcuni teatri trovi delle situazioni un po’ ostiche, io invece li ho trovati propensi ad aiutare quindi si è lavorato molto bene».
Come è stato ritornare a Barletta dopo così tanto tempo?
«Tornare a Barletta è sempre molto bello. Dopo anni che sei fuori hai anche voglia di far vedere quello che hai costruito e quello che sei diventato alle persone che ti stanno più a cuore. Il fatto di averle riviste ieri in teatro mi è piaciuto moltissimo e per me ha rappresentato quasi la chiusura di un cerchio. Poi come dico sempre, faccio fatica a parlare in generale, mi esprimo meglio attraverso le coreografie, quindi preferisco far vedere quello che faccio e quello che sono tramite il mio lavoro, che per me è un modo per presentarmi ancora più chiaramente alle persone a cui tengo».
Centrali nelle tue coreografie sono le colonne sonore di Shubert. Quanto e come ti hanno ispirato?
«In generale quando penso ad una creazione il punto di partenza è la musica per me. Ci sono alcuni coreografi che partono da un’idea concettuale e da lì sviluppano tutto il processo creativo. Per me il primo passaggio è la musica, senza la musica non riesco ad immaginare niente. Era una coreografia che mi era stata commissionata per la MM Company e mi avevano chiesto di scegliere le colonne sonore di un compositore. Io amo Chopin, ma ascoltando alcuni brani di Shubert, che ritrovavo molto congeniali anche al mio stile coreografico, mi sono innamorato. Ho trovato una Sonata per pianoforte non molto conosciuta che mi ha strappato il cuore e ho scelto quella. Tutto è nato in collaborazione con la compagnia, mi hanno aiutato molto i ballerini. Creare consta anche di processi laboratoriali, di improvvisazione, quindi oltre alla mia ispirazione c’è stata anche l’idea creativa dei danzatori. Il lavoro credo che sia abbastanza riuscito. Non ho voluto descrivere niente, le mie coreografie non hanno un intento narrativo preciso. Ho cercato di trasmettere le emozioni che ho provato io quando ho sentito le musiche a livello coreografico. È più una descrizione visiva della musica. In questi tempi è una coreografia che va bene perché è quasi una carezza per chi la guarda».
Quali progetti futuri ti attendono?
«Con la compagnia adesso andiamo sabato siamo a Pontebba, martedì a Verbania. Abbiamo parecchie date fino a fine maggio, ne avremo 25. Come coreografo, invece, parto martedì della prossima settimana, inizio una nuova creazione in Ungheria, a Szeged, che debutterà i primi di marzo. Speriamo che vada bene, soprattutto per la situazione pandemica».
Come ultima domanda ti chiedo: ti senti più ballerino o più coreografo?
«Assolutamente coreografo. Ho smesso ufficialmente di danzare due anni fa, perché volevo dedicarmi alla coreografia. Ho iniziato a danzare proprio perché volevo diventare un coreografo. La mia vocazione è questa».
A cura di Carol Serafino