Torna l’appuntamento con ‘’Come eravamo’’, la nuova rubrica di Barletta.news24.city che ripercorrerà pagine importanti della storia di Barletta. Al centro di questa narrazione, gli anni ’90, segnati dalla crisi dei partiti e dalla fine della Prima Repubblica dopo l’indagine di ‘’Mani Pulite’’, e da una stabilità politica solo illusoria per la nuova legge del 1993 sull’elezione del sindaco.

Barletta in crisi. Allo stallo a livello politico si aggiungono problemi economici e sociali- L’astensionismo fu il protagonista, tutt’altro che inatteso, delle tornate elettorali di fine anni ’80 e inizio anni ’90. Nel caso di Barletta, come del resto accadde anche a Bari pur con una subcultura politica differente, l’ultimo decennio del millennio si aprì bene per il PSI e per i borgiani. La corrente filocraxiana, anche grazie all’influenza dell’importante consigliere regionale, Franco Borgia, portò un proprio esponente, Pino Dicuonzo, alla guida della città di Barletta. Piccolo passo indietro: anche gli anni ’80 cominciarono all’insegna del nuovo ‘’protagonismo socialista’’, con Frezza, vicino politicamente a Donato Paparella, che amministrò per tre anni (1980-1983). La forza del PSI nella ‘’Città della Disfida’’ non era dunque una novità, in linea con la crescita delle piccole-medie imprese e dei ceti medi che coinvolsero in prima fila proprio Barletta con le sue aziende, e di cui un partito, sicuramente rinnovato, si pose come interlocutore. Anche in questa occasione tuttavia, un esponente socialista avrebbe dovuto ben presto lasciare spazio ad un profilo democristiano. La crisi maturò nel PSI provinciale stesso: spaccatosi in due fazioni, uno dei due gruppi determinò di lì a poco l’elezione della prima giunta, Grimaldi(novembre 1990-aprile 1991). Nel segno di un’instabilità senza fine, Grimaldi subentrò di fatto a sé stesso un mese dopo per permettere al PSI locale di ricompattarsi e di inserire nella maggioranza il nuovo PDS(erede della svolta della Bolognina che determinò la fine del PCI). La giunta pentapartitica durerà sette mesi, con Grimaldi ormai proiettato verso le elezioni del 1992. Ai noti problemi a livello politico, si aggiunse una pesante recessione, che colpì l’Italia nell’agosto del 1993, la prima grande avvisaglia fu il crollo del muro di Berlino, che aprì il mercato europeo alla concorrenza orientale. Un duro colpo per le piccole medie imprese di Barletta e per l’economia cittadina, che non riuscirà più a splendere come in passato. Fu un periodo delicato anche a livello sociale, con un’escalation di violenze in crescendo della criminalità organizzata. Da segnalare il lavoro svolto dal magistrato Domenico Seccia, poi protagonista nella lotta alla mafia garganica, e di un giovane Michele Emiliano(oggi governatore della Puglia ndr), allora giovane PM di Bari.

Barletta nel prima e dopo Tangentopoli-Lunedì 17 febbraio 1992, una data che segnerà definitivamente la politica italiana. Il noto esponente socialista, Mario Chiesa, presidente del ‘’Pio Albergo Trivulzio’’ venne colto in fragrante mentre intascava una tangente dall’imprenditore monzese Luca Magni che, stanco di pagare, aveva deciso di denunciarlo presso l’Arma dei Carabinieri. Le indagini condotte dai pm di Milano rivelarono un sistema fraudolento, che coinvolgeva alti esponenti della politica e potenti imprenditori. Un sistema capillare e consolidato ormai da tempo che, una volta scoperto, provocò un impatto e uno sdegno dell’opinione pubblica tale da decretare il crollo della Prima Repubblica e l’inizio della Seconda, segnata dalla ‘’discesa in campo’’ di Silvio Berlusconi. Partiti storici e di maggioranza come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano si sciolsero venendo sostituiti da nuovi aggregati politici e dal tentativo, poi non andato a buon fine nel corso del tempo, di garantire in Italia un regolare bipolarismo. La fine del comunismo infatti, aveva reso possibile nel ‘’Bel Paese’’ l’alternativa alla DC, il ‘’partito-stato’’ che aveva governato ininterrottamente dal dopoguerra al 1992. A Barletta intanto, continuarono a susseguirsi giunte in brevissimo tempo. A Grimaldi, che poi non riuscì a farsi eleggere nelle politiche, successe per tre mesi il democristiano Sebastiano Lavecchia, che poi lasciò la carica di primo cittadina ad Anna Chiumeo, prima e unica donna al momento ad aver ricoperto la più prestigiosa carica cittadina. Anche il mandato di Chiumeo fu tuttavia breve(sette mesi): le successe ancora Grimaldi per dieci mesi, prima di portare la città ad elezioni anticipate nel 1994. Emblematico, per designare un periodo di continui stravolgimenti, il titolo di un articolo de ‘’La Gazzetta del Mezzogiorno’’: ‘’Una città nell’anarchia: quando finirà?”. E già.

La nuova legge elettorale: Fiore e Dimiccoli sindaci-La legge del 25 marzo 1993 n.81, introdusse l’elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini, cui si aggiunse il collegamento tra diverse liste e candidati alla carica di sindaco o di presidente della provincia nel caso delle elezioni provinciali, e il potere di entrambi di nominare assessori, carica incompatibile con quella dei consiglieri. Le prime elezioni a Barletta con la nuova norma si svolsero a giugno del 1994: a prevalere, dopo il ballottaggio, fu l’esponente dell’Ulivo, Raffaele Fiore, che sconfisse Carmine Di Paola della Casa delle Libertà. L’inizio fu promettente, con la nuova giunta che assumeva i primi provvedimenti, quali l’approvazione della variante al Piano Regolatore Generale e la realizzazione del nuovo Palazzetto dello Sport. La crisi sarebbe comunque scoppiata di lì a poco: legge nuova, ma uomini di vecchi apparati che continuavano di fatto a condizionare le scelte politiche. Dopo continue minacce, si disimpegnarono alcuni consiglieri e cadde anche la giunta Fiore. Si tornò a votare nel 1996, elezioni note per le dichiarazioni trionfanti di Ruggiero Dimiccoli, che accolse il successo su Di Paola assicurando la ‘’rinascita della città’’.  Anche in questo caso, gli esordi non furono malvagi, segnati dalla contesa a Cerignola dell’Autorità di Bacino, del ripristino di lavori per il nuovo stadio, l’approvazione per il trasferimento del mercato del sabato e la ripresa dell’iter burocratico per la realizzazione del Palazzetto dello Sport. Un anno dopo sorsero conflitti di interessi politici, a cominciare dall’attribuzione delle presidenze consigliari, e le diverse componenti dell’Ulivo non trovarono un’intesa. In breve tempo dunque, il PPI, l’erede della Democrazia Cristiana che aveva espresso due sindaci(Fiore e Dimiccoli), ‘’bruciò’’ due sindaci. Maturarono i tempi per la candidatura di Francesco Salerno, ma questa è decisamente un’altra storia.

A cura di Giacomo Colaprice