«La mafia pugliese continua a presentare un’eterogeneità caratterizzata da differenti strategie operative». Una criminalità che oltre a mirare al controllo del territorio e al mercato degli stupefacenti punterebbe a infiltrarsi nell’economia legale condizionandone i flussi finanziari e il libero mercato. E’ quanto emerge dalla relazione semestrale, relativa al periodo gennaio-giugno 2021, della Direzione Investigativa Antimafia e consegnata negli scorsi giorni al Parlamento. Nel documento si continua a precisare, come già accaduto nel 2020, come sia necessario parlare di mafie pugliesi con l’ormai consolidata distinzione tra mafie foggiane, camorra barese e Sacra corona unita. E proprio nel foggiano, quella che viene definita la “quarta mafia”, appare come il «primo nemico dello Stato», come spiegano dalla DIA. In particolare le indagini sulla mafia foggiana hanno evidenziato una «propensione delle organizzazioni criminali nel perseguimento di interessi economici anche nella gestione del mercato del lavoro attraverso condotte di sfruttamento poste in essere da intermediari o caporali in danno di extracomunitari». Il fenomeno del caporalato, infatti, «risulta direttamente connesso a quello dell’immigrazione clandestina e in modo specifico sul territorio foggiano sarebbe collegato alla gestione dei cosiddetti ghetti di Borgo Mezzanone e Rignano Garganico».

Nel barese, invece, dicono dalla DIA, gli obiettivi illeciti della criminalità organizzata pugliese sembra «rivolgersi anche all’amministrazione della giustizia». Il chiaro riferimento è al procedimento che coinvolge l’ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis e l’ex avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello (entrambi condannati nei giorni scorsi a Lecce alla pena di 9 anni e 8 mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari con l’aggravante mafiosa).

La BAT è, nel frattempo, la terra di mezzo con però diverse criticità e molti appetiti dei clan oltre agli stretti rapporti con il barese e la mafia cerignolana. In particolare, si legge nella relazione, problemi si riscontrano soprattutto «nella zona litoranea Margherita di Savoia – Barletta – Trani – Bisceglie, dove insistono le prevalenti attività turistiche e di ristorazione, nonché quelle legate all’entroterra rurale della provincia gravato da una forte incidenza di reati predatori, danneggiamenti ed estorsioni che affliggono soprattutto il settore agricolo». E proprio l’ambito dell’agricoltura è tra i più attenzionati poiché i fenomeni di micro e macro criminalità appaiono sempre più pressanti e pericolosi per la stessa incolumità degli agricoltori.

Ad Andria poi la criminalità risulta tra le più pragmatiche «in virtù di una elevata flessibilità nel rimodulare di volta in volta la propria operatività in funzione degli interessi da perseguire». I rapporti con la malavita cerignolana hanno favorito la specializzazione dei locali gruppi criminali nel compimento dei reati predatori e dei furti di auto, che restano infatti i reati più diffusi nella provincia. Nel territorio ofantino, invece, Trinitapoli, Margherita e Barletta, in atto la faida per la storica rivalità tra i “De Rosa-Miccoli” ed i “Gallone-Carbone”. Arresti e condanne, tuttavia, hanno spento l’escalation a cavallo tra il 2020 ed il 2021. L’analisi delle dinamiche criminali conferma, invece, «l’assenza nell’area di Barletta di evidenti contrapposizioni tra i locali sodalizi sebbene si registrino segnali di instabilità confermati tra l’altro dai rinvenimenti di armi ed episodi di violenza». Per quanto riguarda la città di Trani permane lo stato di estrema fluidità degli assetti criminali con i gruppi Corda e Colangelo. Gli arresti dei componenti apicali di questi due gruppi a seguito dei risultati giudiziari, tuttavia, potrebbero determinare l’accrescere delle mire espansionistiche di altri gruppi criminali, nonché rafforzare la presenza del clan Capriati e del gruppo “Fiore-Risoli” di Bari e della criminalità andriese interessata anche alla limitrofa Bisceglie.