Andrea Balestrucci nasce a Barletta l’11 marzo 1908, in vico Borgo Nuovo 4. Nel luglio 1927, diciannovenne, lascia il lavoro di coltivatore diretto, si arruola volontario carabiniere ed è inviato presso la “Legione Allievi” di Monza per conseguire la qualifica di “carabiniere a cavallo”. Nel 1932 prende servizio presso la Legione di Verona fino al 1939, anno in cui scoppia la guerra. Nel 1940 Andrea viene mobilitato col 353° Corpo d’Armata Celere, aggregato al  Comando Armata del  Po, con funzione di controllo dei confini italiani. Conclusasi questa missione, Andrea rientra nel suo Corpo di appartenenza ed è decorato con la Croce d’Argento.

Andrea Balestrucci

La contro – guerriglia  in Jugoslavia  e la cattura di Andrea Balestrucci

L’ invasione del Regno della Jugoslavia inizia nel 1941, da parte della Germania e dell’Italia. La nazione è spartita fra Germania, Italia e Bulgaria. Nel gennaio del 1943, Andrea Balestrucci viene mobilitato ed assegnato al Comando Superiore della Seconda Armata del Regio esercito in territorio della Slovenia, Dalmazia e Croazia, dove il suo reparto è impiegato in operazioni di guerriglia contro i partigiani jugoslavi e di  repressione degli scontri etnici tra serbi e croati. L’8 settembre 1943,  avviene l’armistizio e gli alleati tedeschi diventano nemici. I soldati italiani che non aderiscono al nazifascismo  vengono deportati in campi di prigionia in Germania, classificati come IMI (Internati Militari Italiani) e considerati traditori. Il 9 settembre 1943,  Andrea non aderisce al nazifascismo e subisce la stessa sorte.

Andrea Balestrucci

Oltre 600mila sono gli uomini delle Forze Armate italiane catturati e deportati nei campi di prigionia tedeschi. Il regime nazionalsocialista, sottraendoli  alla tutela della Croce Rossa Internazionale, li utilizza coattivamente come forza lavoro nelle miniere e nelle industrie. Sottoposti ad un trattamento disumano, subiscono umiliazioni, fame e vessazioni. Non è stato stabilito ufficialmente il numero dei prigionieri di guerra italiani deceduti durante la prigionia. Gli studi in proposito stimano cifre che oscillano tra 37.000 e 50.000.

La prigionia di Andrea Balestrucci e la liberazione

 

Durante la prigionia, Andrea è utilizzato come lavoratore coatto in una miniera, dove subisce l’amputazione di un dito il 10 novembre del 1943. Non comunica l’incidente, sarebbe stato ucciso subito,  come tutti quei prigionieri che non fossero stati  in perfette condizioni per lavorare. L’8 maggio 1945, il campo in cui è detenuto Andrea è liberato dagli alleati, mentre i nazisti sono in fuga e il regime crolla. Soltanto nell’agosto del 1945, Andrea torna in Italia presso il suo Comando di Legione a Milano, per poi tornare a Barletta. Nell’ottobre 1946, Andrea sposa Angela Francavilla e nel  1947 si congeda dal Corpo dei Carabinieri col grado di sottoufficiale di complemento. Per il resto della sua vita, Andrea ha lavorato come coltivatore diretto, fino al suo decesso nel 1978.

Andrea Balestrucci

Intervisto Giuseppe e Mariella Francavilla, nipoti di Andrea  Balestrucci.

Vostro zio Andrea ha mai parlato della guerra e alla sua prigionia?

Giuseppe: «Non  mai parlato di questi argomenti, tranne quando eravamo piccoli e facevamo i capricci a tavola, lamentandoci del cibo. Ricordo che lui ci rimproverava: “A voi ci vorrebbe un po’ di Germania!”.  Crescendo, abbiamo saputo cosa intendesse. Quando eravamo adolescenti, ci disse  di aver perso  il mignolo sinistro  durante la prigionia in Germania, mentre era utilizzato come lavoratore coatto  e di aver curato la ferita urinandoci sopra. Se i soldati tedeschi  avessero scoperto l’incidente, lo avrebbero ucciso».

Mariella: «Inoltre, ci diceva che a causa dell’amputazione del mignolo, si era formato un vistoso pus sulla mano. Un giorno, un suo compagno di prigionia, gli calpestò inavvertitamente la mano, provocando la fuoriuscita del  pus infetto e di fatto salvandolo dall’infezione. Zio Andrea diceva che – a causa della fame – per lui e per i suoi compagni di prigionia era una festa quando i soldati tedeschi gli regalavano bucce di patate da mangiare».

Andrea Balestrucci

Non avete mai domandato nient’altro di quella esperienza negli anni seguenti?

Giuseppe:«No, siamo stati ragazzi negli anni ‘60, un periodo in cui le tematiche della guerra, dei partigiani, delle foibe, dei campi di concentramento non erano affrontate, non se ne parlava nemmeno sui giornali o in televisione. Non ne sapevamo nulla e di conseguenza non domandavamo nulla. Queste tematiche sono emerse dagli anni ’70 – ’80 in poi».

Che tipo era vostro zio Andrea?

Mariella: «Un uomo semplice e schivo, non raccontava molto di se stesso, ma era educato  e preciso. Inoltre, sapeva cucinare molto bene».

A cura di Tommaso Francavilla

A seguire, pubblichiamo l’elenco dei soldati barlettani prigionieri, dispersi, caduti e partigiani durante la guerra di liberazione.

Si ringrazia il Cav. Dott. Michele Grimaldi, direttore dell’Archivio di Stato Bari – Barletta – Trani

militari e partigiani barlettani